Se Atene piange... Alla vigilia delle elezioni europee la Grecia si trova nel pieno della crisi socio-economica più profonda dal 1974. Uno scenario che, secondo molti osservatori, lascia presagire imminenti svolte nella scena politica ellenica.

Emblema del disagio generalizzato che colpisce soprattutto le generazioni più giovani e istruite del paese sono state le sommosse che hanno scosso Atene e altre città greche a partire dal dicembre scorso. Al difficile contesto economico si somma un quadro politico estremamente delegittimato dal succedersi a ritmo continuo di scandali ed episodi di corruzione che hanno coinvolto direttamente esponenti della maggioranza, indebolendo ulteriormente il già fragile governo del premier Costas Karamanlis. Il movimento socialista panellenico (Pasok) di Georges Papandreou, principale partito di opposizione, chiede da mesi elezioni anticipate e a lungo è stata ritenuta probabile la prospettiva delle cosiddette "doppie urne" per il 7 giugno, in occasione delle elezioni europee. Svanita questa ipotesi, oggi la prospettiva più probabile è quella di elezioni anticipate in autunno o, al più tardi, nella primavera del 2010. Il voto per il rinnovo dell’europarlamento appare così, ad Atene, come un prologo attendibile di quello per il parlamento nazionale. Il quadro appare particolarmente incerto: i sondaggi più recenti mostrano come il Pasok sia tornato il primo partito della scena politica ellenica ma, nonostante il vantaggio che sembra essere riuscito a guadagnare rispetto ai rivali di Nuova Democrazia (il partito del premier), è ancora lontano dal traguardo che permetterebbe un governo monocolore socialista (oltre il 40%). I sondaggi indicano come a fare da padroni, in occasione delle elezioni europee, potrebbero così essere da un lato l’astensionismo (annunciato attorno al 40%), dall’altro il voto di protesta (alimentato proprio dal succedersi di scandali) che andrà ad ingrossare le fila dei partiti estremisti di entrambi i colori o di quelli affacciatisi più recentemente sulla scena politica, come i Verdi Ecologici (accreditati di una percentuale che va dal 6 all’8%, che beneficiano oltretutto del ritorno in auge dell’ambientalismo a seguito dei terribili incendi del 2007). 

In questo contesto, insomma, il sistema bipartitico che da 35 anni regna incontestato in Grecia sembrerebbe per la prima volta in crisi. Ma anche se le previsioni della vigilia dovessero essere confermate nelle urne, occorrerebbe essere piuttosto cauti prima di celebrare l’avvenuta svolta nella scena politica ellenica. La crisi finanziaria, del resto, è ricca di incognite e non necessariamente potrebbe giocare contro l'assetto politico-partitico attuale. Se in occasione della scadenza elettorale europea è inevitabile, come avviene anche altrove, un aumento del voto di protesta, uno scenario diverso potrebbe proporsi in occasione della successiva scadenza nazionale. Non bisogna infatti dimenticare che la Grecia contemporanea non ha alcuna esperienza di governi di coalizione e che l’ingovernabilità è particolarmente temuta in tempi di crisi. Per verificare l’eventuale tramonto del bipartitismo in Grecia occorrerà insomma attendere ancora qualche mese, indipendentemente dall’esito elettorale.