Gheddafi l’Africano. La politica di rinnovato contrasto all'immigrazione clandestina avviata da Tripoli, è stata salutata da molti commentatori come una svolta storica. Sul piano internazionale essa punta a restaurare la credibilità della Jamahiria. Si spezzerebbe così il timore di un isolamento diplomatico e tramonterebbe il fantasma

di quell’embargo che negli anni Novanta ha sfibrato la società libica. Ma la credibilità internazionale è soprattutto una condizione necessaria per fornire garanzie agli investimenti libici all’estero. Tripoli dispone di una marea di liquidità (secondo il banchiere Lionel Zinsou, la Libia disporrebbe di circa 200 miliardi di dollari in fondi sovrani) che nel passato non è stata investita all’estero nel timore di ritorsioni diplomatiche. Il tema dell’immigrazione rappresenta inoltre una questione cruciale per gli equilibri sociali interni. Secondo stime ufficiose, almeno un terzo della popolazione libica sarebbe costituito da stranieri. L’aumento dell’immigrazione ha alimentato un sentimento di insicurezza. Cresce la xenofobia e si moltiplicano gli atti di violenza di cittadini libici contro gli immigrati. Ritorna lo spettro dei fatti del settembre 2000, il timore cioè di una riedizione della violenta caccia agli immigrati che travolse la periferia di Tripoli, provocando decine di morti. Riabilitazione internazionale, garanzie per gli investimenti esteri libici e freno alle pulsioni xenofobe sono quindi gli elementi principali che contribuiscono a spiegare il nuovo corso libico in tema di immigrazione.

Tuttavia, per la Libia "il ritorno all’ordine" in materia di immigrazione appare problematico. Dal 1999 la politica estera gheddafiana si è orientata in un senso panafricano. Da questo punto di vista, l’apertura delle frontiere tra la Libia e i paesi dell’ Africa sub-sahariana ha assunto un valore politico e simbolico rilevante. Come potrebbe il sostenitore degli Stati Uniti d'Africa permettere l’esistenza di barriere che spezzano l’unità del popolo africano? Il tema del controllo dell’immigrazione rimanda allora alla politica africana del regime. Non è una questione anodina dal punto di vista della politica interna libica. La politica africana rappresenta infatti una delle principali linee di frattura attorno alle quali si dividono le due principali anime della politica libica Da un lato c’è la corrente dei modernizers, incarnata dal figlio del Colonnello, Seif-El Islam, dall’altro la corrente più tradizionalista, rappresentata dallo zoccolo duro dei fedelissimi di Gheddafi, formatisi nei campi di battaglia africani del Ciad e del Rwanda. I modernizers vedono nella politica panafricana il simbolo della Libia di ieri, un ostacolo nel cammino verso la normalizzazione dei rapporti con l’Occidente. I tradizionalisti rivendicano invece la centralità dell’Africa. Centralità ideologica ma soprattutto in termini di capacità di influenza rispetto all’Occidente. Messo da parte l’avventurismo militare del passato, i tradizionalisti strutturano la capacità di influenza internazionale della Libia attorno a un duplice fulcro: il petrolio ma soprattutto il controllo dei flussi migratori in quanto strumento di pressione sulle cancellerie europee.

L’opposizione tra questi due poli è funzionale alla stabilizzazione del regime personale gheddafiano poiché dilata i margini di manovra del leader, valorizzandone il ruolo di federatore politico. La stabilità del dominio gheddafiano si fonda infatti sull’abilità del Colonnello nell’oscillare tra queste due correnti appoggiandosi prima sull’una poi sull’altra. Da questo punto di vista è interessante ricordare la parabola del capofila dei modernizers, Seif Al Islam, prima incoronato delfino, poi costretto all’esilio e ora reintegrato nell’agone politico. La politica africana della Libia rappresenta il terreno privilegiato su cui misurare le strategie politiche di Gheddafi. Se attualmente la corrente dei modernizers sembra godere dei favori del Colonnello, non è da escludersi che in futuro Gheddafi torni ai fondamentali della politica panafricana svoltando, anzi oscillando, nuovamente.