Mubarak, sempre e comunque. I confini sono per definizione un intoppo, una restrizione. Però a volte crollano (o fanno crollare). Il presidente egiziano Hosni Mubarak ne sa qualcosa. All’età di 80 anni, 27 dei quali passati al timone del suo Paese, si è trovato a dover fare i conti con una ondata di risentimento popolare nelle proprie piazze e in quelle di numerosi altri Stati arabi per il suo rifiuto ad aprire completamente l’unico punto di frontiera della striscia di Gaza non confinante con Israele. E ciò, per di più, mentre stava cercando di mediare tra Israele e Hamas per porre fine al conflitto. La giustificazione «legalistica» secondo cui, in base agli accordi siglati con gli egiziani, Israele abbia de facto il controllo del posto di confine di Rafah e che l’Egitto possa aprirlo solo previo accordo con le autorità israeliane gli ha provocato più danni che benefici, come era prevedibile in un Paese pervaso da un intenso orgoglio nazionalista. È quasi ironico che un presidente sopravvissuto a sei tentativi di omicidio, con a disposizione uno degli apparati di sicurezza più efficienti del mondo e un saldo controllo sul suo governo, possa vedere la sua posizione vacillare a causa di quella che, in termini strettamente tecnici, potrebbe essere definita una questione al di fuori del suo potere decisionale. Ironico e forse esagerato. È vero che Hassan Nasrallah, che arringa dal Libano il popolo egiziano a scendere in piazza e gli ufficiali dell’esercito a contestare la linea della dirigenza, ha più rilievo mediatico ed è meno controllabile di Aiman Nour (il concorrente di Mubarak alle elezioni del 2005, in prigione da tre anni sotto l’accusa di avere falsificato documenti elettorali). Ma è vero anche che il popolo egiziano non è, nella sua maggioranza, incline a farsi dare lezioni dall’estero. Nonostante l’indignazione e la rabbia per quanto accaduto a Gaza e il risentimento nei confronti del governo, è estremamente improbabile che Mubarak venga messo in serie difficoltà dalle proprie piazze per queste ragioni. Lo zelo con cui per quasi tre decenni si è applicato su tutti i fronti per evitare che la sua carriera politica possa terminare prima del tempo darà con ogni probabilità i suoi frutti.