Urne e austerità. Alla vigilia delle elezioni amministrative di novembre, George Papandreou aveva rivolto un appello alla nazione, paventando l’ipotesi di dimissioni in caso di sconfitta, trasformando così la competizione in una sorta di referendum sull’operato dell’esecutivo. I greci hanno dato fiducia al premier, evitando una situazione d’instabilità politica estremamente pericolosa per il paese. Dopo avere evitato il tracollo al primo turno, pur con un calo del 9% rispetto alle legislative del 2009, al secondo turno il Pasok ha vinto quasi tutte le sfide più importanti. Particolare valore assume il successo dei socialisti nei comuni di Atene e a Salonicco (dove Nea Demokratia governava da 24 anni) oltre che nella regione dell’Attica, dove si produce circa la metà della ricchezza nazionale. Il Pasok si conferma primo partito nel paese con il 35%. I conservatori di Nea Demokratia restano sui livelli del 2009 (33%). Si segnala l’avanzata da parte dei comunisti del KKE, arrivato quasi all’11%. Stabile la coalizione di sinistra Syriza (4,5%), addirittura in calo la destra estrema del Laos (4% rispetto al 5,6% del 2009), che ha pagato il voto a favore del piano di austerità. Il premier dovrà ora combattere contro il suo vero avversario: la disaffezione politica del popolo greco, palesata da un elevatissimo tasso di astensione. Dopo un’affluenza già bassa al primo turno (60% degli aventi diritto), ai ballottaggi la percentuale di astenuti è arrivata al 52%. Tale dato rivela il senso di sfiducia che avvolge la popolazione ellenica, duramente provata da pesanti misure di austerità e che sarà chiamata a sopportare sacrifici anche nei prossimi anni.

A fine novembre il ministro delle Finanze, George Papaconstantinou, ha presentato la bozza della finanziaria 2011, che prevede un’ulteriore manovra correttiva per 6 miliardi di euro. Papaconstantinou ha precisato che nel 2011 il deficit dovrà attestarsi a 17 miliardi di euro (7,4% del Pil) con una riduzione di 5 miliardi rispetto al 2010. Una manovra più che doppia rispetto ai 2,2 miliardi preventivati dalla bozza di bilancio resa nota in ottobre. Il governo attuerà una serie di misure fra cui l’aumento dell'Iva dall'11% al 13% e il congelamento del valore nominale delle pensioni, oltre a una serie di tagli ulteriori nei settori della sanità e della difesa. La manovra è stata decisa dopo che Eurostat ha fatto sapere che i dati relativi al 2009 su debito e deficit sono ancora peggiori di quelli resi noti dal governo. Il deficit è pari al 15,4% del Pil (rispetto al 13,6% preventivato). Il debito pubblico si attesta al 126,8% del Pil (rispetto al 115,1% annunciato). Tutto questo produrrà conseguenze anche sull’esito del programma di risanamento applicato nel 2010: secondo le nuove stime il deficit a fine 2010 sarà del 9,2% anziché del 7,8%. Permane lo stato di recessione: nel 2010 il Pil subirà una contrazione del 4,2% rispetto al 2009 e nel 2011 è previsto un ulteriore calo del 3%. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 12,2% ad agosto scorso, rispetto al 9% del medesimo mese del 2009 (in termini assoluti, i disoccupati risultano essere 613.000).

Tuttavia, la nazione ellenica continua a godere del sostegno delle istituzioni internazionali. Il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss Khan, ha affermato che il successo elettorale ottenuto dal governo rappresenta la conferma di come il programma di risanamento sia stato compreso e accettato dalla popolazione. L’Unione Europea è pronta a erogare la seconda rata del prestito accordato ad Atene. A questo si aggiunge la disponibilità manifestata dalla Cina ad aiutare la Repubblica Ellenica. Papandreou dovrà confermare la propria determinazione a proseguire nel piano di risanamento, resistendo alle pressioni cui sarà sottoposto dalle varie categorie oggetto dei tagli. Il capo del governo dovrà convincere il paese che quella intrapresa è l’unica via possibile per scongiurare una bancarotta che, senza le misure draconiane varate, sarebbe già inevitabilmente sopraggiunta.