L’erede al trono nordcoreano. Adesso che è spuntata perfino la prima foto ufficiale, la notizia – nell’aria dal gennaio 2009 -  trova conferma: Kim Jong-un, terzogenito ventottenne di Kim Jong-il, “Caro leader” nordcoreano da tempo malato, è il prescelto a raccogliere la pesante eredità paterna. L’organo di stampa ufficiale, la Korean Central News Agency, ha infatti diffuso la notizia della rielezione di Kim Jong-il alla guida del Partito dei lavoratori coreano.Ma la notizia più interessante è stata quella relativa alla nomina del giovane Kim Jong-un alla vice-presidenza della Commissione militare centrale del partito, il principale organismo di controllo del regime (in un paese in cui tutto ruota attorno alla politica del Songun, cioè dell’“esercito prima di tutto”, questo è un segnale decisivo) e al suo ingresso nel Comitato centrale del partito. Ma le manovre interne alla famiglia Kim, alla guida del paese dal 1948, non sono ultimate: in considerazione della giovane età del delfino, Kim Jong-il ha ritenuto opportuno promuovere il cosiddetto “gruppo guardiano”, composto da Kim Kyong-hui (sorella più giovane del “Caro leader”) e dal marito Jang Song-thaek. Alla prima, in particolare, dovrebbe spettare il difficile compito di gestire il passaggio di testimone  tra Kim padre e Kim figlio. In questo senso, è altresì degna di menzione la promozione di Ri Yong-ho, capo dello staff generale dell’Armata del Popolo, che affiancherà Jong-un alla vice-presidenza della Commissione militare centrale, nell’ottica di facilitarne il consolidamento ai vertici delle forze armate. L’importanza dei militari in Corea del Nord, soprattutto in questo difficile frangente, è innegabile: in questo senso paradigmatica rimane la vicenda del complesso industriale di Kaesong, aperto nel 2002, che avrebbe dovuto favorire l’avvio di un nuovo corso di collaborazione tra le due Coree. Kim Jong-il, ansioso di dar vita a questa importante enclave produttiva, ha  dovuto attendere due anni prima che i militari (poco inclini a mostrare a osservatori stranieri le postazioni militari presenti nell’area) concedessero il nullaosta al progetto congiunto.

L’eventuale successione pone comunque una serie di interrogativi. Innanzitutto, sul fronte interno, Kim Jong-un dovrà prestare attenzione alle enormi difficoltà della popolazione nordcoreana, fiaccata dalla mancanza di generi di prima necessità, dalle calamità naturali, e dai molteplici errori di ordine economico compiuti dal regime, a partire dalla recente catastrofica riforma monetaria. Particolarmente interessante sarà vedere se il nuovo leader, che pare abbia soggiornato e studiato in Svizzera sotto falsa identità, voglia avviare una serie di riforme e aperture sulla falsariga di quanto fatto da Deng in Cina alla fine degli anni ’70. Un altro fattore di estrema criticità è costituito poi dalle difficili relazioni internazionali di Pyongyang, complicate dall’indisponibilità della Corea del Nord di rinunciare al nucleare. Da questo punto di vista, sarebbe auspicabile che il nuovo leader – che secondo i bene informati dovrebbe assumere l’appellativo di “leader intelligente” – dimostri la sua arguzia dando maggiore stabilità ai contatti esterni, tornando al tavolo delle trattative con le altre potenze regionali e facilitando così il ristabilimento economico del suo paese. La reazione della comunità internazionale a questo vortice di notizie è stata circospetta: i sudcoreani si sono limitati a invitare alla calma, ribadendo come la successione sia un “processo” che non comincia e non termina con la nomina del principale “indiziato” a generale a quattro stelle. Philip Crowley, portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, ha dichiarato che “Washington sta osservando con molta attenzione questo reality show”. Il presidente cinese Hu Jintao, dal canto suo, si è rallegrato congratulandosi calorosamente con Kim Jong-il per la sua rielezione, dimenticando tuttavia di fare cenno all’investitura del giovane Kim Jong-un. Per le congratulazioni ufficiali bisognerà forse aspettare il 2012, non solo perché Jong-un avrà accumulato più esperienza, ma soprattutto perché è quello, secondo Pyongyang, l’anno destinato a “aprire la porta ad una nazione forte e prospera”.