Uno spettro si aggira per l’Olanda. Geblondeered, l’«Ossigenato», è il soprannome con il quale Geert Wilders viene sprezzantemente chiamato dai suoi oppositori. La chioma bianca non deve tradire i suoi quarantasette anni, portati in maniera molto giovanile ed energica, un po’ spaccona: l’ex assicuratore di Utrecht, nato a Venlo, nel sud del paese, ai confini con la Germania, da mamma indonesiana e dalle origini – vedete un po’ il destino – islamiche, è sulla breccia da almeno un paio di anni. Wilders è entrato in politica nel 1998 come deputato del Partito liberale (VVd), prima di diventare il delfino dell’ex commissario europeo Fritz Bolkenstein, noto ai più per la controversa direttiva relativa ai servizi nel mercato interno. Nel 2006 ha fondato una nuova creatura politica: il Partito per la Libertà (Pvv), conseguendo nelle elezioni politiche del novembre dello stesso anno il 7,4% dei voti e 9 seggi. L’ascesa politica è proseguita nel 2008, quando ha realizzato il discusso film-documentario Fitna, il cui intento, a detta dell’autore, era quello di denunciare, in maniera provocatoria, il fondamentalismo islamico «nemico» dell’Occidente cristiano.

La creatura di Wilders ha conosciuto la propria consacrazione alle elezioni europee del giugno 2009 quando, grazie alla retorica razzista del suo leader, ha raggiunto il 17% dei consensi, conquistando 4 seggi sui 25 complessivi che spettano ai Paesi Bassi nell’Europarlamento. Questo importante successo è stato confermato a livello locale dal 21% dei consensi (9 seggi su 39) conquistati ad Almerer, sobborgo-dormitorio di Amsterdam, e dagli 8 seggi (appena due meno dei laburisti) ottenuti alle amministrative dell’Aja. La consacrazione definitiva di un movimento che pare inarrestabile si è avuta lo scorso mese, in occasione delle elezioni politiche, quando circa un milione e mezzo di olandesi ha votato per il Partito per la Libertà, consentendogli di raggiungere il 15,5% delle preferenze, che si è tradotto in 24 seggi (addirittura 15 in più rispetto alla prima uscita nel 2006).

Il programma elettorale di Wilders ha messo al centro le questioni dell’immigrazione islamica (in Olanda c’è la seconda maggiore comunità musulmana europea, dopo quella francese): tassa sul velo, blocco definitivo degli stranieri dai paesi musulmani, divieto di costruzione di nuove moschee, chiusura di nuove scuole islamiche, abolizione dei sussidi per gli immigrati residenti e assunzione di 10 mila poliziotti sono state le principali promesse dell’«Ossigenato», che ha affiancato a questa intransigenza nei confronti degli immigrati un cô sociale che si è tradotto nella ferma opposizione all’innalzamento dell’età pensionabile e ai tagli alla spesa sanitaria.

Il verdetto delle ultime elezioni è peraltro difficilmente decifrabile: come si può vedere dalla tabella sottostante, i principali partiti sono usciti tutti con le ossa rotte, mentre si fatica ad individuare un vincitore.

 

 

Pvv – Partito delle libertà

Cda – Cristiano democratici

Pvda – Partito laburista

VVd – Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia

Ps – Partito socialista

Altri

(Verdi, D66, Sinistra Verde, Unione Cristiana, Partito Costituzionale Riformato, Partito per gli Animali)

Elezioni 2006

9 (7,4%)

41 (27,9%)

33 (21,1%)

22 (13,2%)

25 (18,7%)

17 (12,2%)

Elezioni 2010

24 (15,5 %)

21 (13,7%)

30 (19,6%)

31 (20,4%)

15 (9,9%)

29 (19,8%)

 

I liberali del VVd del candidato premier, Mark Rutte, non sono in condizioni di poter governare da soli, nonostante il consistente incremento elettorale (dai 22 seggi del 2006 ai 31 oggi); in lieve calo sono i laburisti del Pvda (da 33 a 30) di Job Cohen, apprezzato sindaco di Amsterdam; in crollo verticale, invece, il Partito socialista (da 25 a 15) e ancora più netto il calo dei cristiano democratici del Cda del premier uscente Jan Balkenende e ora guidati da Maxim Verhagen (da 41 a 21). E proprio il neoleader dei cristiano democratici si è rifiutato di sedere al fianco di Wilders al tavolo per i negoziati, fortemente voluto dalla Regina Beatrice per mezzo del suo «informatore», il senatore Uri Rosenthal.

Il leader del Pvv avrebbe potuto essere l’ago della bilancia, ma nel negoziato attualmente in corso i partiti olandesi stanno tentando di escludere dalla coalizione di governo un candidato che ha fatto del politicamente scorretto (anche a livello internazionale, dove ha proposto il blocco degli aiuti internazionali allo sviluppo e si è schierato contro l’ipotesi di un sostegno economico alla Grecia) la propria bandiera. La palla è ora in mano ai due principali partiti: liberali e laburisti. Le ipotesi più probabili sono la «coalizione viola», che raggrupperebbe liberali, laburisti e i partiti minori D66 e Verdi, oppure una coalizione con i tre grandi partiti, liberali, laburisti e cristiano democratici, con l’esclusione della compagine di Wilders, troppo imbarazzante per i tradizionali partiti olandesi.