Dopo il caotico spettacolo del primo dibattito di Cleveland la Commission on Presidential Debates decide di spegnere i microfoni di chi cerca di interrompere le risposte dello sfidante nei due minuti a lui riservati all'inizio di ciascuno dei sei segmenti di quindici minuti di discussione.

E non è un caso che, nonostante settimane di tensione dove le polemiche sul ricovero di Donald Trump si sono intrecciate a quelle sulla nomina di Amy Coney Barrett alla Corte suprema, l’ultimo confronto tra i due candidati sia rientrato nei binari più convenzionali di un dibattito presidenziale. 

La pandemia ha monopolizzato inevitabilmente buona parte del confronto con il presidente che ha usato la carta della sua guarigione per mandare messaggi ottimistici sulla lotta al Covid-19, preannunciando l’arrivo di un vaccino, e il suo sfidante che ha condannato le politiche erranti delll’amministrazione prevedendo un “inverno nerissimo” senza un piano concreto di risposta a un’emergenza sanitaria che ha portato alla morte di oltre duecentomila persone e potrebbe portare nei prossimi mesi a un numero equivalente di vittime. Quando Trump ammette che il popolo americano deve imparare a convivere con il virus, Biden risponde in termini molto lapidari ed efficaci che il popolo americano piuttosto sta “imparando a morire con il virus”. 

I due candidati dipingono ancora una volta due realtà opposte, due visioni inconciliabili e dicotomiche sul futuro di una nazione sempre più disunita e disgregata, dall’immigrazione alle questioni razziali con Donald Trump che ancora una volta si definisce il migliore presidente “for the black people” dai tempi di Lincoln, accusando lo sfidante di aver sponsorizzato negli anni Novanta politiche giudiziarie che hanno portato a un aumento di detenuti afroamericani. 

Tuttavia, rispetto al primo desolante confronto, Kristen Welker, esperta corrispondente della Casa Bianca e seconda afroamericana della storia a condurre un dibattito dopo Carole Simpson, sempre di Nbc, che aveva ospitato Bill Clinton, George W. Bush e Ross Perot nel 1992, riesce a contenere i due sfidanti cercando di mettere al centro i temi e di rompere i momenti di tensioni.

Ma nemmeno a Nashville, come da copione, mancano affondi e attacchi personali, con il presidente che allude agli affari in Ucraina del figlio del suo sfidante, Hunter Biden, che attesterebbero i legami tra fondi esteri e i democratici e Joe Biden che riporta all’attenzione la recente fuga di notizie su un conto bancario cinese di Trump aperto per eludere le tasse. Ma la politica estera nel suo respiro più strategico, come già nel primo dibattito, riaffiora solo marginalmente in un dibattito che avrebbe dovuto avere la sicurezza nazionale come “main topic”. 

La discussione sul futuro della diplomazia americana si riduce a un rapido scambio sui rapporti tra Corea del Nord e il presidente Obama, che agli occhi del suo successore non è mai stato apprezzato da Mr. Kim, una nota di merito che Biden usa dialetticamente per rivendicare la fermezza della sua vecchia amministrazione nel non dare alcun tipo di legittimazione al regime di Pyongyang. 

Rispetto a un’altra emergenza, quella climatica, che il democratico definisce senza mezzi termini una “minaccia all’esistenza”, Donald Trump cerca di contro-argomentare spostando l’attenzione sulle presunte esternalità negativa delle energie rinnovabili che genererebbero, secondo il suo punto di vista, più emissioni dei combustibili tradizionali.

Donald Trump fa il Donald Trump, ma rispetto al primo dibattito si dimostra più cauto e attendista a dispetto dei sondaggi, che lo vedono, a due settimane dal voto, inseguire i democratici con percentuali meno rassicuranti, una media del 9% su base nazionale rispetto al 4% del 2016 , quando riuscì a ribaltare i pronostici grazie alle sorprendenti vittorie in Wisconsin, Michigan e Pennsylvania.