Se osserviamo la cartina degli 8.000 comuni italiani colorati in base al partito che ha ottenuto il maggior numero di voti alle ultime elezioni europee, troveremo un’Italia sostanzialmente divisa in due: dal Nord fino a Lazio e Abruzzo compresi domina il verde leghista, mentre al Sud si trova ancora il giallo del Movimento 5 Stelle. Questa bicromia è guastata da poche chiazze arancioni, corrispondenti ai grossi centri urbani (Torino, Roma, Milano, Trento, Ancona, Genova) e alle province centrali dell’Emilia–Romagna e di Firenze e Siena in Toscana, dove ha prevalso il Partito democratico. Piombino è un’eccezione, favorevole al centrosinistra, perché è uno dei pochi comuni, al di fuori delle aree suddette, dove il Pd è risultato il partito più votato.

Un’altra caratteristica di questa tornata elettorale è che, soprattutto nell’Italia centrale, il centrosinistra ha ottenuto risultati estremamente migliori alle amministrative rispetto alle europee. Nei comuni sopra i 15.000 abitanti sulla costa toscana, il candidato sindaco del centrosinistra, più o meno unitario, è arrivato in testa al primo turno per poi migliorare ulteriormente al ballottaggio del 9 giugno. Anche in questo Piombino ha rappresentato un’eccezione, ma stavolta in negativo per il centrosinistra. Infatti, mentre alle europee il centrosinistra (contando Pd, +Europa e Verdi) raggiungeva il 37,4% e il centrodestra (sommando Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) il 38,3%, alle comunali Anna Tempestini, candidata sindaco del centrosinistra, si è fermata al 28%, mentre Francesco Ferrari del centrodestra ha toccato il 48%. Sono rimasti esterni ai due blocchi principali il candidato del M5S, che si è fermato all’11,1% (rispetto al 17,1% delle europee); la lista civica di orientamento laico-socialista Spirito Libero, che ha toccato il 4,9%; e una sorprendente Rifondazione comunista, che ha raggiunto il 7,1%.

In particolare, questo risultato inaspettato ci spinge a riflettere se effettivamente l’elettorato piombinese abbia virato a destra. Rifondazione, che è cresciuta sul risultato del 2014 e ha più che raddoppiato il 3,3% ottenuto da La Sinistra alle elezioni europee, più volte è stata data per morta ed è curioso (e forse non è un caso) che sia riuscita a riesumarsi proprio in una città che, a questo punto forse solo apparentemente, ha deciso di “cambiare colore”. Inoltre, per completare il resoconto elettorale, Piombino si è confermata come eccezione (ancora negativamente per il centrosinistra) nel voto di ballottaggio: infatti nonostante i margini di miglioramento del centrodestra fossero limitati e contrariamente a quanto è successo negli altri comuni toscani, Ferrari ha ottenuto 10.411 voti (pari al 64,3%), crescendo rispetto agli 8.911 del primo turno. Viceversa il centrosinistra ha aggiunto solo poche centinaia di voti (nonostante potesse ambire a un bacino potenziale di circa 4.000 voti, raccolti da M5S, Rifondazione e Spirito libero) e si è fermato a 5.789 (pari al 35,7% dei voti validi).

Dunque, una débâcle di queste proporzioni necessita di una riflessione approfondita. Rimanendo sul piano squisitamente elettoralistico, giova ricordare che la non ricandidatura, decisa da ultimo, del sindaco uscente del Partito democratico Massimo Giuliani e la convergenza tardiva sul nome di Anna Tempestini possono aver giocato un ruolo decisivo, a cui va a sommarsi la scelta della lista Spirito Libero di abbandonare il Pd e di tentare la corsa in solitaria. Al contrario, vanno segnalate le scelte vincenti, da un punto di vista dell’offerta elettorale, fatte da Francesco Ferrari: esponente di Fratelli d’Italia, già candidato dal centrodestra unito nel 2014 (ma fermatosi a poco più del 10%), questa volta Ferrari ha puntato le sue speranze su alcune liste civiche, pur consapevole del traino nazionale della Lega – Salvini Premier, che infatti ha conquistato un buon 16,2% – seppur inferiore di quasi la metà rispetto al potente 29,8% ottenuto lo stesso giorno alle europee. Fratelli d’Italia, pur potendo vantare la tessera del candidato vincente, ha ottenuto un misero 1,8% ed è rimasto escluso dal Consiglio comunale, mentre il successo ha arriso le tre liste civiche, dalla natura comunque diversa.

Se accogliere nella propria coalizione la civica Ascolta Piombino, caratterizzata da venature di destra, non deve essere stato difficile per Ferrari, sicuramente più spiazzante è stato contruire un’alleanza con la nuova lista Lavoro e Ambiente, la quale non solamente nel nome ma anche nel personale politico ricorda lo spirito culturale della sinistra (ha schierato una consigliere comunale uscente di Sinistra Ecologia Libertà). Ma il vero pezzo da novanta per il centrodestra è stata la lista civica personale Ferrari Sindaco, che tra i candidati di vario orientamento politico (come spesso avviene per le civiche “personali” dei candidati sindaci) ha schierato come capolista anche Giuliano Parodi, sindaco uscente del piccolo comune limitrofo di Suvereto. Un sindaco sicuramente dotato di una personalità mediaticamente forte, con tanti punti di collegamento a sinistra (è stato iscritto a Rifondazione Comunista e ha partecipato ad alcune iniziative con Potere al Popolo durante le politiche del 2018) e che negli ultimi dieci anni del suo impegno politico, prima come consigliere di opposizione e poi come sindaco, aveva lottato contro il Partito democratico, dipinto come blocco di potere conservatore e immobile nel territorio dell’hinterland.

Complessivamente le tre liste civiche sono state un successo da un punto di vista elettorale (2,9% per Ascolta Piombino, 3,8% per Lavoro e Ambiente, ma soprattutto 17,8% – primo partito della coalizione – per la Lista Ferrari), ma soprattutto hanno contribuito a costruire l’immagine non di un semplice centrodestra allargato, quanto piuttosto di una santa alleanza, che spazia da destra a larga parte della stessa sinistra e che si lancia all’assalto di un vecchio e da troppo tempo inamovibile e isolato dai cittadini, Partito democratico.

Ovviamente un’immagine di questo tipo non è stata possibile solo grazie alla sapiente opera di ingegneria coalizionale di Ferrari, ma anche e soprattutto agli errori fondamentali compiuti dall’amministrazione Pd uscente. Le elezioni del 2019 si sono infatti svolte cinque anni dopo la drammatica chiusura dell’altoforno. Il territorio piombinese, sin dai tempi degli etruschi di Populonia, è sempre stato caratterizzato dalla lavorazione del minerale ferroso. La chiusura dell’impianto nel 2014 ha interrotto circa 3.000 anni di storia di lavorazione metallurgica e siderurgica a Piombino. A questo shock, non solo economico ma identitario, si sono affiancate numerose promesse tradite negli ultimi anni: da quella del presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, di lasciare la politica se non avesse trovato una soluzione per Piombino, all’annuncio entusiasta di assegnare l’opera di smantellamento della nave Concordia al porto di Piombino, passando dalle speranze suscitate dall’algerina Cevital (in realtà forse interessata al solo porto delle acciaierie e non alla produzione di acciaio) fino ad arrivare all’ingresso degli indiani di Jindal sulla scena. In realtà lo scenario attuale vede ancora circa 1.200 operai in cassa integrazione, senza contare i numerosi addetti dell’indotto ormai senza più commesse.

L’altro tema centrale della campagna elettorale è stato rappresentato sicuramente dal futuro della grande discarica di 58 ettari nella località di Ischia di Crociano. Pochi anni fa Rimateria SpA, la società che gestisce la discarica, è stata privatizzata dall’amministrazione comunale (“dal Pd”, come dicono da queste parti), prevedendo anche il raddoppio dei suoi volumi. Contro questo progetto, osteggiato da tutti gli altri candidati sindaci non–Pd, era nato un comitato cittadino che chiedeva un referendum popolare consultivo. La negazione della consultazione ha portato a una rottura all’interno del centrosinistra (con Spirito Libero che è passata all’opposizione), ma ancora più significativamente ha consentito a Ferrari di aggiungere anche il tema della democrazia all’arco delle sue frecce, già popolato da temi storicamente di sinistra come la difesa del lavoro e dell’ambiente.

Questi elementi spiegano come, curiosamente, il centrodestra sia riuscito a vincere a Piombino utilizzando temi di sinistra (evidentemente abbandonati dal Pd ma non da Rifondazione Comunista e Spirito Libero che, come abbiamo già detto, sono stati premiati dalle urne) e lasciando in disparte un argomento, quello della sicurezza, che viene sfruttato abitualmente dal centrodestra nel resto d’Italia. Il risultato finale è stato dunque un centrodestra che, complessivamente e senza contare le liste civiche, ha ottenuto il 23,49% dei voti contro il 40,84% delle liste esplicitamente di sinistra (quindi contando anche Lavoro e Ambiente, schierata però con Ferrari), e che però è riuscito a vincere per la sua migliore capacità coalizionale e per le estreme divisioni del centrosinistra.

Piombino, dunque, non ha smesso di essere di sinistra né da un punto di vista elettorale – lo dimostrano i risultati delle elezioni europee e quelli delle liste presenti alle elezioni comunali – né da un punto di vista dei temi centrali della campagna (per l’appunto il lavoro, l’ambiente e la democrazia). Ma i principali interpreti locali di questo spartito ancora sostanzialmente di sinistra (in particolare il Pd) si sono rivelati decisamente impreparati e ormai assuefatti a una facile e reiterata gestione della cosa pubblica, che li ha condannati a una sconfitta che solo in futuro sapremo definire passeggera o duratura.