Il ballottaggio nel Comune di Prato ha attirato l’attenzione non soltanto per la dimensione – demografica e simbolica – del comune ma anche perché, seppur da una prospettiva diversa, i risultati della tornata amministrativa rappresentano una cartina di tornasole per comprendere le possibili strategie dei partiti in vista delle elezioni del prossimo anno quando, per la prima volta, la guida della regione Toscana risulterà realmente contendibile. Alla luce di queste considerazioni, conviene anzitutto descrivere le dinamiche elettorali tra primo e secondo turno e la composizione del nuovo consiglio per poi focalizzarci su alcune delle possibili sfide che nei prossimi anni attenderanno la giunta.

Partiamo dai dati. Matteo Biffoni, sindaco uscente, si è presentato al secondo turno forte di un ampio consenso elettorale (42.316 voti, pari al 47,1%) rispetto allo sfidante Daniele Spada (31.511 voti, il 35,1%).

Ciò che è interessante notare è come il centrodestra si sia ritrovato in una posizione simile a quella del 2009 quando, in seguito al ballottaggio e quasi a sorpresa, riuscì a imporsi alla guida della città dopo 63 anni di amministrazioni “rosse”. L’insieme delle altre forze di centrodestra hanno infatti raccolto poco meno di 8.000 consensi, che sommati a quelli del candidato sindaco, riducono il distacco da Biffoni a 3.000 voti. Da qui l’incertezza dell’esito elettorale, acuita oltretutto dalle performance del M5S, in forte contrazione rispetto alle precedenti tornate ma con ancora un bacino consistente di elettori (il 7,23%).

A dispetto di tali premesse, i risultati del 9 giugno hanno tuttavia consegnato al sindaco uscente un ampio consenso (56,1%), sebbene a fronte di una delle più basse affluenze registrate nella storia elettorale della città (56,5% rispetto al 68,5 del primo turno e quasi venti punti in meno rispetto al ballottaggio del 2009). Nel complesso, Biffoni ha ottenuto gli stessi voti che aveva raccolto il 26 maggio, con un margine di oltre 12 punti rispetto allo sfidante. La performance di Spada è stata invece deludente: dei quasi 8.000 potenziali elettori l’incremento rispetto al primo turno è stato di appena 1.481 consensi.

Per tentare di spiegare questo andamento è interessante notare lo scarto tra i risultati ottenuti dalle forze di centrodestra alle elezioni europee e quelli registrati al primo turno delle amministrative. Il vantaggio iniziale (con la Lega Nord primo partito) è stato infatti dilapidato, e ciò potrebbe confermare l’ipotesi della debolezza del gruppo dirigente leghista a livello locale.

Tra le possibili ragioni della débâcle possiamo infatti individuare le caratteristiche del candidato, sceso in campo con un consistente ritardo rispetto a Matteo Biffoni e poco conosciuto nel territorio; i meccanismi di selezione, con la sostanziale imposizione da parte della segretaria regionale della Lega Nord Ceccardi per sfruttare l’effetto trascinamento di Salvini; e la radicalizzazione dei toni utilizzati in campagna elettorale che si sono scontrati con la tenuta del tessuto sociale e un approccio pragramatico tipico delle aree distrettuali.

Quanto alle strategie comunicative, si osserva invece un approccio piuttosto simile: i temi e i linguaggi utilizzati dai candidati hanno infatti assunto un carattere quasi “metafisico”. Da un lato, la retorica del “con tutto l’amore che c’è” scelta da Biffoni e, dall’altro, la volontà di “riportare il sorriso a Prato”, utilizzata da Spada, hanno in parte spostato l’attenzione dalla dimensione concreta dei problemi e delle proposte a quella delle emozioni.

Quello che emerge è un consiglio comunale fortemente rinnovato, tanto nei numeri quanto nelle caratteristiche dei consiglieri, e ciò potrebbe avere ripercussioni sia sulle dinamiche interne ai partiti e alle coalizioni sia nei confronti del rapporto con la futura giunta.

Nel complesso, si registra una riduzione della centralità dei democratici (tre dei quattordici consiglieri provengono inoltre da mondi vicini a quelli della sinistra e dell’associazionismo cattolico ma non direttamente iscritti al partito) mentre aumenta l’importanza delle liste civiche. Dal lato dell’opposizione, accanto all’affermazione della Lega Nord e al ridimensionamento del M5S, emerge la crisi politica di Forza Italia. Per la prima volta, infatti, il partito di Berlusconi non avrà nessun rappresentante e questo, insieme al recente addio di Giorgio Silli, deputato vincitore del duello con Benedetto Della Vedova alle politiche del 2018, e al passaggio nelle file della Lega Nord di alcuni dirigenti locali, conduce al sostanziale azzeramento del gruppo dirigente forzista.

In secondo luogo, si trasforma la composizione anagrafica e sociale dei rappresentanti. Ai 10 candidati uscenti riconfermati si affiancano 22 nuovi entrati, molti dei quali under trenta: come Lorenzo Tinagli, 22 anni, il consigliere più giovane candidato con il Pd, Claudio Stanasel, classe 1994 e cittadino romeno, il più votato della Lega Nord e Teresa Lin, nata a Firenze con origini cinesi, eletta a 24 anni nella lista Biffoni. Si consolida inoltre la rappresentanza femminile, che sale da 12 a 13 consiglieri.

In una città come Prato, la candidatura di cittadini di origine cinese ha inevitabilmente attirato l’attenzione degli osservatori (cfr. Dario Di Vico, Lin e Wong in Consiglio. La scommessa di Prato, il “Corriere della Sera”, 11 giugno 2019, pag. 10). Teresa Lin e Marco Wong sono infatti i primi consiglieri eletti e ciò rappresenta una rottura, almeno a livello simbolico, nella descrizione delle relazioni con la comunità cinese. Si tratta tuttavia di soggetti con un background socio-culturale elevato: Teresa Lin, è figlia di un imprenditore del pronto-moda e ha studiato economia negli Stati Uniti, Marco Wong, è un manager con esperienze lavorative in importanti imprese italiane e straniere (Nuovo Pignone, TIM e Huawei). Sarà quindi interessante osservare se queste caratteristiche favoriranno l’elaborazione delle istanze provenienti dal basso o se, al contrario, costituiranno un ostacolo nella rappresentanza di una comunità ampia (quasi 23.000 regolari) ed eterogenea.

La trasformazione che in questi anni ha caratterizzato la città si riflette nel nuovo Consiglio. Si potrebbero quindi creare le condizioni per affrontare due delle contraddizioni (differenti ma tra loro intrecciate) più rilevanti a livello locale: il ruolo economico della comunità cinese e la questione della ridefinizione dell’identità cittadina, alla luce della parabola del distretto industriale.

Quanto al primo punto, la cronaca locale mostra l’emersione di nuove tensioni rispetto alla governance del sistema economico. Da un lato, le istituzioni e le associazioni di rappresentanza degli interessi, insieme alla regione, hanno proseguito il percorso di monitoraggio delle attività illegali, sottoscrivendo un protocollo per il lavoro dignitoso e per il ripristino della legalità che coinvolgesse l’intero processo produttivo (dalle confezioni alle tintorie). Dall’altro, è proprio dalle fasi “a monte” della filiera che sono scaturiti nuovi conflitti tra lavoratori stranieri e proprietari cinesi, come accaduto nei casi della tintoria Dl e, più di recente, della vicina tintoria Fada, dove le tensioni tra lavoratori pachistani (sostenuti dai Si Cobas) e l’imprenditore cinese, affiancato da alcuni lavoratori italiani, hanno dato vita a intense proteste (culminate con il recapito del foglio di via per due leader sindacali). Una situazione inedita per il contesto, ma che ben evidenzia le tensioni latenti presenti nel territorio.

Ciò chiama in causa il ruolo economico della comunità cinese (che secondo le stime dell’Irpet realizzerebbe tra il 10,9 e il 12,7% del valore aggiunto della provincia) e la reale capacità dell’ente locale di ristabilire un nesso virtuoso tra crescita economica, comunità locale e politiche pubbliche, come avvenuto nell’età dell’oro del distretto tessile, aggredendo in profondità la rendita (soprattutto immobiliare) e le dinamiche di autosegregazione.

La seconda sfida mette invece al centro la questione dell’identità. Durante la campagna elettorale molti sono stati i riferimenti al “rispetto” che sarebbe dovuto nei confronti di una città (la terza per dimensione nel centro Italia) che, nonostante le difficoltà, mantiene ancora oggi buone performance rispetto agli indicatori sanitari e di qualità della vita e che troppo spesso viene raccontata, soprattutto dall’esterno, più per quello che si vorrebbe che fosse piuttosto che per quello che è. Da qui una delle prove più difficili per la nuova giunta: riuscire a dare voce e rappresentanza a tutte le componenti presenti sul territorio, al fine di ridefinire insieme l’immagine e l’identità di una città che ancora non è riuscita a liberarsi della monocultura tessile e che al di fuori della Toscana viene spesso considerata soltanto una piccola realtà dell’area fiorentina “ostaggio” dei cinesi.

 

 

[L’autore desidera ringraziare Matteo Vannacci per l’aiuto nella raccolta e analisi dei dati e per le preziose considerazioni espresse.]