La Lega di Salvini. Estrema destra di governo è stato pubblicato nel settembre del 2018: non si tratta di un instant book, ossia di un volume che abbiamo scritto in occasione delle elezioni politiche del 2018, né di un saggio scritto seguendo l’onda del voto leghista. Il volume, frutto di una ricerca pluriennale, sostiene tre tesi: la Lega (Nord) è un partito nazionalista, ma non nazionale, che difende gli interessi principalmente del Nord. Il maquillage comunicativo non cela la sostanza di una forza che mantiene salde le radici culturali, economiche e politiche nel lombardo-veneto. La virata elettoralistica è servita a far dimenticare decenni di regionalismo, di tentata secessione, di violenza verbale verso i meridionali, di politiche scellerate miranti allo smembramento del Paese.

Inoltre, il volume osserva come la Lega (Nord) non sia il partito dei derelitti, come molta propaganda e poca attenzione mediatica ripetono. Viceversa, rappresenta gli interessi, legittimi ma parziali, della parte di popolazione meglio tutelata.

Infine, la nostra ricerca mostra come la Lega (Nord) sia un partito di estrema destra. Non è una opinione, ma un dato di fatto rilevato da anni di ricerca. Lo sostengono i sondaggi, le analisi statistiche, le indagini qualitative. Si tratta di una tesi finanche banale, ovvia. Ma in un Paese smemorato desta clamore. Noi abbiamo seguito le uniche regole che conosciamo, ossia quelle deontologiche della avalutatività weberiana, che non significa neutralità. Ci mancherebbe, quest'ultimo è un concetto dei grami tempi populisti. La Lega (Nord) era – lo scrivemmo già quasi un decennio fa su una rivista internazionale – e rimane un partito di estrema destra.

Qualcuno ci ha ricordato che, in quanto docenti universitari e dipendenti pubblici, dovremmo essere leali allo Stato, confondendolo mestamente con il governo. Noi siamo non leali, ma fedeli alla Costituzione della Repubblica, ai suoi primi 13 articoli cui siamo legati, e all’articolo 54. Ben vengano le critiche nel merito, ma non intendiamo piegarci a velate minacce, all'intimidazione di colleghi e alla loro libertà di insegnamento. Se lo facessimo metteremmo in discussione non la nostra libertà, ma quella della ricerca e delle scienze, tutelate dalla Carta. Già troppi giornalisti sono minacciati per le loro idee politiche, le loro opinioni. Già troppi studi scientifici – spiace ricordarlo, soprattutto negli ultimi mesi – vengono sottoposti al vaglio della politica, tacciati di parzialità, ostracizzati in nome del “buon senso” di alcuni imposto a tutti gli altri.

Il volume, in questi mesi, è stato presentato in oltre 60 incontri, dentro le universitá, nelle librerie di mezza Italia, a Bruxelles, in Finlandia e prossimamente a Parigi. Se ne è parlato in tv e sui quotidiani. Ma, curiosamente proprio poco prima dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo, qualcuno prova a rimestare nel torbido. Non intendiamo prestarci a queste polemiche, rimanendo fedeli ai principi costituzionali e al metodo democratico che deve far prevalere sempre il confronto. A tal proposito, un giornalista ci ha ricordato come proprio colui che oggi ci fa additare come nemici del popolo, e quindi dello Stato, alcuni anni addietro in una affollatissima libreria di Milano si sperticava in complimenti per il nostro precedente libro sull’argomento (Lega & Padania. Storie e luoghi delle Camicie verdi, Il Mulino, 2012) e cercava anche la foto opportunity.