Il colpo di Stato in Kirghizistan. Le violente manifestazioni che hanno incendiato la capitale Bishkek e le principali città del Kirghizistan del nord hanno portato alla immediata implosione del regime di Kourmanbek Bakiyev, salito al potere in seguito alla «rivoluzione dei tulipani» nel 2005.L’opposizione ha dato vita a un esecutivo provvisorio, guidato dall'ex ministro degli Esteri Roza Otunbaieva, mentre il presidente deposto si è rifugiato in Kazakistan, ospite di Nursultan Nazarbaiev. Il presidente Bakiyev ha conosciuto lo stesso destino del suo predecessore, Askar Akayev, deposto in seguito alle violente rivolte post-elettorali del marzo 2005, animate da un’opposizione che gli rimproverava l’elevata corruzione, il nepotismo e le ripetute frodi elettorali. In cinque anni Bakiyev non ha democratizzato il paese: ha modificato ripetutamente la costituzione per aumentare i propri poteri, ha sottoposto i media a un controllo asfissiante (ha chiuso la popolare Radio Libertà, oscurato siti web e blog, chiuso gli ultimi giornali e canali televisivi indipendenti), e ha fatto arrestare alcuni esponenti politici dell'opposizione. All’autoritarismo del regime si è sommata l’incapacità nel garantire le riforme economiche promesse: l’eccessivo aumento delle tariffe per acqua, elettricità e telefonia mobile (tutti settori di proprietà della famiglia Bakiyev) ha contribuito a ingrossare le fila degli oppositori e ad aumentare il malcontento popolare nei confronti del presidente.

Ma la collocazione geografica al centro del continente asiatico, l'Heartland mackinderiano, rende il golpe in Kirghizistan, tutt’altro che una crisi locale. La Russia considera ancora l’Asia Centrale una zona di influenza privilegiata a causa del passato dominio in epoca zarista e sovietica, ma anche a causa delle attuali implicazioni geopolitiche derivanti dalla centralità dell’area sotto il fronte energetico. Per questo motivo ha costruito a partire dal 2003 la base militare di Kant che funge da contrappeso a quella statunitense di Manas (Putin aveva esplicitamente chiesto a Bakiyev la chiusura della base Usa e il rifiuto del presidente kirghiso gli ha alienato la simpatia di Mosca). La base militare di Manas peraltro riveste per gli Stati Uniti una grande importanza strategica, soprattutto in funzione del perdurante conflitto militare in Afghanistan. Alla rivalità geopolitica esistente tra Washington e Mosca, si è venuta progressivamente sommando la crescente presenza della Cina, che da anni ha rafforzato la sua presenza nell’area approfittando del vuoto lasciato dalla dissoluzione dell’Impero sovietico.

A questi fattori esterni si sommano le difficoltà comuni a tutti i paesi dell’area centro-asiatica, caratterizzati da un difficoltoso processo di democratizzazione, da una spartizione del potere prevalentemente su base clanica e dalla pervasiva presenza di corruzione e nepotismo. L’endemico fenomeno del malgoverno e della corruzione comporta però anche il pericolo, sul lungo periodo, di una diffusione di un Islam radicale ed intollerante di matrice wahabita, proveniente e finanziato generosamente dal Pakistan e dall’Arabia Saudita, che nulla ha però a che fare con la tradizione religiosa locale kirghiza di matrice sunnita, moderata e fortemente influenzata dal sufismo, la corrente mistica ed intimista dell’Islam, diffusa soprattutto nella parte kirghiza della valle di Ferghana che si trova nel sud del paese. La valle di Ferghana rappresenta la culla spirituale dell’Islam centroasiatico, ma nel corso degli ultimi due decenni è stata a sua volta interessata da una crescita esponenziale del radicalismo islamico, soprattutto per la parte che si trova in territorio uzbeko. L’area centroasiatica nel suo complesso, a causa del particolare mix di radicalismo islamico ed ingenti risorse energetiche che la caratterizza, rappresenta quindi un crocevia cruciale per gli equilibri geopolitici dei prossimi decenni.