La riforma sanitaria Usa e la questione dell'aborto. Per assicurarsi i 216 voti necessari per l’approvazione definitiva della riforma sanitaria, compresi quelli di un gruppo di democratici anti-abortisti guidati dal parlamentare del Michigan Bart Stupak, Obama ha firmato un ordine esecutivo per riaffermare la validità dell’Hyde Amendment nel quadro delle nuove politiche sanitarie. L’Hyde Amendment è la legge introdotta dal Congresso nel 1976 che ha escluso la possibilità di ricorrere a fondi pubblici per finanziare gli aborti, fatta eccezione per i casi di stupro, incesto o pericolo di vita per la donna. La legge ha colpito tutte le assicurazioni sanitarie pubbliche, e tra queste soprattutto Medicaid, destinata agli indigenti. Come è stato più volte denunciato dalle associazioni abortiste, l’Hyde Amendment ha costretto la maggioranza delle donne povere a portare a termine gravidanze non desiderate, a compiere notevoli sacrifici per pagare di tasca propria gli interventi o a ricorrere all’aborto clandestino. Nel corso degli anni, sono sorte organizzazioni che sostengono economicamente le donne indigenti che intendono abortire, mentre in 17 Stati, a seguito di azioni legali o campagne politiche, si è ottenuto che le spese fossero sostenute con fondi statali. Secondo il testo principale della riforma, già approvato dal Senato a dicembre, ogni Stato ha il diritto di vietare la vendita, sul proprio territorio, di polizze assicurative private che coprano le spese degli interventi abortivi. Negli altri casi, lo Stato deve comunque tenere separati i fondi privati da quelli pubblici, e fare in modo che solo i primi siano usati per coprire il costo degli aborti. Mentre la Conferenza Episcopale Statunitense ha dichiarato che il testo del Senato non offriva sufficienti garanzie rispetto alla destinazione dei fondi pubblici, una parte degli anti-abortisti ha sposato la posizione espressa dalle associazioni cattoliche progressiste, tra le quali un gruppo di oltre 50 suore, che hanno attivamente sostenuto la riforma.

Sul fronte pro-choice, i grandi media progressisti, dal New York Times a The Nation, hanno accettato le clausole contenute nel testo del Senato e l’Ordine Esecutivo, considerandole la pillola amara da ingoiare per ottenere la riforma sanitaria. Al contrario, alcuni gruppi hanno denunciato il compromesso come il peggior arretramento dei diritti riproduttivi da quando, nel 1973, la Corte Suprema legalizzò l’aborto con la sentenza Roe v. Wade. Dana Goldstein, su The Daily Beast, ha sottolineato come la riforma sia stata approvata a spese dei diritti riproduttivi delle donne indigenti, dato che quelle di classe medio-alta possono spostarsi o pagare di tasca propria per poter abortire. Secondo Frances Kissling, ex presidente del gruppo Catholics for a Free Choice, il fatto che numerose parlamentari pro-choice abbiano considerato un compromesso accettabile rinunciare a tutelare i diritti riproduttivi delle donne meno abbienti deriva da considerazioni dal sapore classista e razzista, radicate nel pregiudizio delle classi medie nei confronti delle donne povere, spesso nere, considerate sessualmente promiscue e definite “welfare queens”. Il compromesso, sostiene Kissling, è “la logica conseguenza della debolezza fondamentale di Roe v. Wade: il fatto, cioè, che il diritto costituzionale all’aborto fosse basato sul principio della privacy e non su quello della non-discriminazione”. “Un diritto privato, benché fondamentale”, argomenta efficacemente Kissling, “non prevede che lo Stato paghi per la sua attuazione”. Pochi giorni dopo l’approvazione del pacchetto legislativo che ha riformato la sanità, i gruppi pro-choice hanno ripreso la loro battaglia contro l’Hyde Amendment, mentre le associazioni NARAL Pro-Choice America e Planned Parenthood Action Fund hanno lanciato la campagna “Defeat Stupak”, per sconfiggere il deputato del Michigan alle elezioni primarie del partito democratico che si terranno in vista di quelle di mid-term. Il conflitto che scuote l’America e i democratici, al tempo stesso simbolico e materiale, è destinato a continuare ben al di là della riforma sanitaria.