Negli ultimi mesi a Napoli si sono verificati gravissimi episodi di violenza che sono caratterizzati dal fatto di essere compiuti da ragazzi giovanissimi contro altri ragazzi; in due casi le vittime sono state ferite in modo molto grave. Entrambe hanno rischiato la morte e da mesi affrontano una difficilissima transizione fisica e psicologica che le segnerà per tutta la vita.

Siamo di fronte a un fenomeno esploso tra l’autunno del 2017 e la fine dell’inverno, che presenta alcune caratteristiche che ci obbligano ad occuparcene con attenzione. Stiamo parlando di una pratica di violenza urbana per bande messa in atto da ragazzini davvero giovanissimi, con un’età compresa tra i 12 e i 16 anni. Sono maschi, armati di bastoni, catene, mazze di ferro, coltelli (ma non armi da fuoco) che si oppongono con questi mezzi a loro coetanei – di altre zone della città o anche della loto stessa zona –, percepiti come estranei, come «bravi ragazzi» da colpire in modo violentissimo. Tanti contro uno, senza controllo, per uccidere.

Le vittime vengono percepite come individui simili ma «da punire» in quanto «altri da sé». Il gruppo che attacca è coeso e ricerca con forza un marchio identitario interno: dandosi un nome, a volte tatuandosi, vivendo insieme, usando il proprio gergo all’interno del proprio micro- territorio di provenienza. È una banda ma è difficile dire se abbia una gerarchia tanto che sembra che fomenti l’odio per «aizzamento reciproco» o «comando condiviso», secondo modalità random. Da alcuni segni sembrerebbe quasi partire da un raptus: a un certo punto la temperatura del gruppo sale e l’azione si fa parossistica.

La banda sembra darsi una missione distruttiva ma questa non è predeterminata; scaturisce dal contesto creato che è fondato sulle sortite a scopo di violenza perché le armi vengono portate fin da subito. La banda procede lungo le vie di confine tra i propri luoghi e la città su motorini, per scorribande, dopo l’imbrunire e anche fino a tarda ora.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 4/18, pp. 620-628, è acquistabile qui]