Guerra virtuale in Georgia. Secondo un reportage della televisione filo-governativa georgiana Imedi, diffuso la sera del 13 marzo scorso, l’aviazione russa avrebbe bombardato l’aeroporto della capitale Tbilisi e sarebbero quindi ripresi intensi combattimenti nella città georgiana di Gori. Il servizio, però, era del tutto inventato. Si trattava di una simulazione che aveva lo scopo di evocare nell’opinione pubblica georgiana lo scenario che si potrebbe produrre nel caso di un’improvvisa morte del presidente Saakashvili. I centralini telefonici sono stati presi letteralmente d’assalto da una popolazione atterrita dall’annuncio della ripresa dei combattimenti (si è registrata anche una decina di infarti). Il fine ultimo di questa simulazione, che additava inoltre quali potenziali traditori alcuni leader dell’opposizione georgiana, è evidente: alzare il tono dello scontro mediatico con i russi, presentati come una minaccia mortale per l’integrità territoriale e la sicurezza della Georgia, per ottenere un maggiore consenso interno attorno al presidente Saakashvili e allo stesso tempo screditare l’opposizione politica interna. Inutile dire che ciò ha fornito l’occasione al rappresentante russo presso la Nato, Rogozin, per denunciare la pericolosità del presidente georgiano.
Il clima in Georgia, a venti mesi dalla fine delle ostilità, resta particolarmente teso e per questa ragione l’Ue ha deciso di prorogare fino al 14 settembre 2010 la missione di monitoraggio (composta da 225 osservatori), che ha il compito di controllare il rispetto da parte degli ex belligeranti dell’armistizio firmato nelle settimane immediatamente seguenti al termine del conflitto. Per la Russia il controllo dell’area caucasica si rivela essenziale, oggi come in passato, a fini strategico-militari; per la protezione, cioè, del confine meridionale russo da potenziali minacce militari quali, ad esempio, la presenza della Nato e, soprattutto, per la sorveglianza del traffico energetico e commerciale in transito nell’area.
L’inclusione nel 2004 del Caucaso meridionale (quello settentrionale fa parte della Federazione Russa) nell’area della Politica di vicinato europeo risponde a due obiettivi essenziali e si articola in due livelli operativi: il primo, pragmatico nelle intenzioni, ha un’impostazione gradualistica e di lungo termine (10-15 anni) e intende contribuire alla democratizzazione politica degli Stati caucasici attraverso la riforma del loro sistema giudiziario e amministrativo, in modo da concorrere al graduale superamento della crisi scoppiata nell’agosto del 2008 e in generale delle tensioni politiche presenti nell’area.
Il secondo obiettivo strategico di medio termine (5-10 anni) dell’Ue nell’area – nel quadro di una politica energetica europea che mira alla diversificazione dei fornitori, considerata la progressiva inaffidabilità di Mosca (da cui proviene circa il 40% delle importazioni di gas dell’Ue) – è quello di assicurarsi l’approvvigionamento energetico che dall’area del Caspio transita per la Georgia, attraverso, ad esempio, il gasdotto Nabucco, che promette di portare in Europa circa 31 miliardi di metri cubi di gas l’anno. In questa strategia a lungo termine di stabilizzazione del Caucaso meridionale operata dalla Ue si inserisce a pieno titolo anche la missione di monitoraggio in Georgia, cui spetta un compito reso tanto più delicato dal fatto di essere rimasta l’unica missione internazionale presente sul territorio, dopo la chiusura, su insistenti pressioni di Mosca, delle missioni Onu e Osce.