La prossima nascita del Partito della Libertà, fusione di Forza Italia e Alleanza nazionale, semplifica ulteriormente il sistema partitico italiano. Per ironia della storia o per quella imperscrutabile intelligenza del destino, l’adozione di un pessimo sistema elettorale quale quello in vigore dal 2008 ha prodotto infine risultati virtuosi. Non solo ha d’un colpo ridotto la rappresentanza parlamentare alle elezioni dello scorso anno, ma ha favorito anche una dinamica aggregativa tra i partiti. Il Partito democratico ha certo una origine più antica ma la sfida di “andare da soli” prende corpo con la prospettiva di essere il primo partito nella competizione elettorale. E la risposta da destra è stata l’alleanza di Fi e An.

Questo nuovo partito, per le sue dimensioni e la sua collocazione nello spazio politico, modifica l’assetto e le dinamiche del sistema partitico. Un punto, solitamente poco sottolineato, riguarda l’allentamento dell’asse Berlusconi-Bossi, fulcro del centrodestra in tutta la sua lunga storia. Mentre il rapporto con An, e soprattutto con Fini, è sempre stato di alleanza “politica”, da contrattare e definire punto per punto, con momenti di distacco e abrasività non indifferenti tanto da portare a vari rimpasti governativi, con Bossi e la Lega c’era un idem sentire automatico, spontaneo, istintivo. In realtà, tutto quello che diceva Bossi l’avrebbe voluto sempre dire Berlusconi se solo avesse potuto: e infatti il gioco di squadra procedeva magnificamente. Diversa invece la relazione con An, un mondo a parte con una sua storia e una sua identità che non si poteva ignorare e che necessitava quindi un accordo “contrattato”. Ora che il contratto è stato siglato, ed è rimasto fuori il vero partner privilegiato del Cavaliere, la Lega andrà a occupare lo spazio dell’estrema destra dello sistema partitico italiano rendendo così visibile urbi et orbi la sua connotazione di partito xenofobo e populista. Tutte le posizioni della Lega degli ultimi anni sono infatti ricalcate su quelle adottate dagli altri partiti della destra radicale populista, dal Fonte nazionale di Jean-Marie Le Pen in Austria alle formazioni animante da Jorg Haider in Austria. Temi, slogan, argomentazioni della Lega ricalcano quanto è stato agitato a destra dei partiti moderati e conservatori in tutta Europa. Poi qualche anima bella della sinistra si incanta di fronte all’anima popolare del Carroccio: come se Le Pen e Haider non avessero raccolto, all’apice delle loro fortune, una quota di classe operaia superiore ai partiti di sinistra (per non dire di un certo partito nazional-socialista tedesco…).

Questo chiaro posizionamento a destra della Lega ha due effetti. Da un lato evidenzia ancora di più la connotazione radicale del partito di Bossi e gli consente di raccogliere così i detriti più destrorsi che la nuova formazione del Pdl lascerà sul terreno; dall’altro mette in tensione il Pdl che può essere tentato di rincorrere il Carroccio su quel terreno lasciandosi però scoperto al centro. In un caso come nell’altro, le scelte del Pdl sono legate ancora più strettamente di prima da quelle del suo alleato. E il sistema partitico, pur riducendo la sua frammentazione, non sembra avviato a ridurre anche la sua polarizzazione.