Nell’arco di pochi anni il Movimento 5 Stelle è riuscito ad ampliare i propri consensi oltre ogni aspettativa. Il partito fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio non solo si è affermato come la lista più votata alle elezioni del 2013 per la Camera dei deputati, ma continua a rappresentare – perlomeno stando alle intenzioni di voto rilevate da diversi istituti demoscopici – il 30% circa dell’elettorato italiano. Cosa può spingere tanti elettori a votare per un soggetto politico che solo fino a pochi anni fa non esisteva, in un Paese, peraltro, dove ogni casella della tradizionale dimensione sinistra-destra sembra essere già occupata? Una risposta può giungerci, forse, da quanto accade fuori dall’Italia. Se infatti spingiamo lo sguardo oltre i confini nazionali, non è difficile accorgersi che le fortune elettorali dei 5 Stelle non costituiscono del tutto un’anomalia nel panorama europeo (e forse mondiale) contemporaneo. La repentina ascesa del Movimento sembra infatti andare di pari passo con un fenomeno più ampio che negli ultimi anni ha sconvolto lo scenario politico di molti Paesi europei e non solo: il successo di forze politiche variamente identificate sotto l’etichetta del «populismo».

Il populismo è un concetto in larga parte ambiguo, non certo semplice da definire. Nella fase attuale può risultare particolarmente utile intenderlo come un’«ideologia sottile», per usare le parole di Cas Mudde (The Populist Zeitgeist, «Government and Opposition», 39 (4), 2004, pp. 542-563). Da un lato, il populismo – in qualsiasi sua variante – dà voce a un sentimento antagonistico che contrappone la gente comune, descritta come saggia e virtuosa, alle classi dirigenti, viste come corrotte e disoneste. Dall’altro, il populismo è anche una sorta di contenitore in grado di veicolare messaggi diversi, adatti a contesti politici differenti. Se dunque la retorica anti- establishment rappresenta la vera matrice comune a tutte le forze populiste emerse negli ultimi anni, queste ultime declinano però in modo assai vario il dualismo tra popolo ed élite. Non si può perciò parlare di un solo populismo, ma di molti diversi populismi, variamente connotati ideologicamente. Il messaggio anti-establishment viene adattato a seconda dei differenti atteggiamenti che i vari gruppi politici esprimono, combinandolo sul piano concreto con piattaforme politiche più o meno tradizionali. Quantomeno, possiamo distinguere populismi di «destra» e populismi di «sinistra».

La disaffezione degli elettori verso i partiti tradizionali e l’ascesa dei populismi di ogni genere – si pensi al voto favorevole alla Brexit in Gran Bretagna, all’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, ai successi di Podemos in Spagna e Syriza in Grecia – sono state da molti interpretate come il prodotto delle diseguaglianze economiche e sociali, che paiono farsi sempre più profonde nelle società occidentali.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 5/17, pp. 736-743, è acquistabile qui]