Cina e Stati Uniti: saranno partner? Per la maggioranza dei politici, dei giornalisti, degli studiosi e degli analisti le relazioni tra Cina e Stati Uniti sono improntate a una concorrenza ostile, soprattutto in Asia orientale. La mia opinione è ben diversa. Credo che entrambi i Paesi abbiano in cima all'agenda geopolitica il raggiungimento di un accordo a lungo termine, in cui il vero punto in discussione è quale dei due potenziali partner assumerà il ruolo guida.

Affermando di voler fare nuovamente grande l'America Donald Trump non si discosta affatto dall'opinione prevalente negli Stati Uniti. Usando parole diverse e diverse proposte politiche, questa vana ambizione è condivisa da Hillary Clinton, Barack Obama, dallo stesso Bernie Sanders e naturalmente dai repubblicani, nonché dalla maggioranza delle persone comuni. Chi sarebbe disposto a dire che gli Stati Uniti dovrebbero accontentarsi di essere il numero due?

Sconfitto definitivamente nel 1945 il grande nemico tedesco, gli Stati Uniti hanno assunto il ruolo di potenza egemone nel sistema-mondo. L'unico ostacolo era la potenza militare dell'Unione Sovietica, e gli Stati Uniti hanno affrontato questo ostacolo offrendo all'Unione Sovietica lo status di partner di minoranza all’interno del sistema-mondo. Questo tacito consenso passa comunemente sotto il nome di accordi di Jalta. Gli uni e gli altri hanno negato che esistesse un qualsivoglia accordo, ma ambo le parti lo hanno pienamente realizzato.

Il sogno degli Stati Uniti è di riprodurre gli accordi di Jalta anche con la Cina, la quale si fa beffe di quest’idea, convinta com’è che i giorni dell'egemonia statunitense siano ormai tramontati e che gli Stati Uniti non dispongano più della forza economica necessaria per supportare una simile posizione. Un’altra convinzione cinese è che la disunione interna rende impotenti gli Stati Uniti nell'arena geopolitica. Da parte sua, la Cina cerca di imporre un analogo accordo in cui però siano gli Stati Uniti il partner di minoranza. L'analogia più prossima potrebbe essere il rapporto instauratosi dopo il 1945 tra Gran Bretagna e Stati Uniti.

La Cina prevede per i prossimi decenni una lenta ma sicura affermazione della propria irrefrenabile potenza economica, e ritiene di poter impattare sul benessere economico degli Stati Uniti molto più di quanto questi ultimi possano fare su di essa. Ritiene inoltre di poter attrarre nella propria orbita altri Paesi asiatici, animati dal risentimento di aver sopportato per almeno due secoli un mondo dominato politicamente e culturalmente dagli europei.

L'analisi cinese ha due evidenti punti deboli, da un lato una possibile sopravvalutazione del dominio che la Cina può continuare a esercitare sulla produttività mondiale, dall’altro il timore ossessivo di una possibile lacerazione interna, cosa che si è verificata spesso nel corso della storia di quel Paese. Un accordo con gli Stati Uniti potrebbe ridurre al minimo l'impatto di questi pericoli per la Cina.

Gli Stati Uniti dal canto loro dovranno prendere atto della realtà delle cose e un ruolo di partner di minoranza potrebbe apparire preferibile a nessun accordo. Al riguardo l’effetto di Trump può essere di accelerare tale processo. Il presidente sbraiterà, minaccerà e insulterà, ma non restaurerà l'egemonia americana. In questo senso, il regime di Trump aprirà gli occhi agli americani più di quanto avrebbe potuto fare una versione più sobria della medesima ambizione, quella incarnata dalla presidenza Obama.

In ogni caso, il balletto nascosto tra Cina e Stati Uniti – la ricerca inconfessata di un accordo di collaborazione – rimarrà nei prossimi decenni il motivo geopolitico dominante nel sistema-mondo. Tutti gli occhi dovrebbero essere puntati su di esso. In un modo o nell'altro, Cina e Stati Uniti diventeranno partner.
 

 

[Copyright © 2017 Immanuel Wallerstein, used by permission of Agence Global. Traduzione di Giovanni Arganese]