Julian Assange? Un maniaco sessuale, autistico e megalomane. La sua creazione, Wikileaks, capace di alterare gli equilibri politici e diplomatici del mondo intero? Nient’altro che un «gruppo sporco», fondato da uno stupratore, con gente morta a causa delle sue rivelazioni. Il fenomeno del leaking, in grado di scardinare il segreto e di minare il più formidabile strumento di controllo da sempre in mano al potere politico? Un fattore talmente insignificante da ricordare quei siti web di vendetta che prendono di mira i fidanzati infedeli. I paladini della trasparenza radicale, e chi combatte per rivelare i segreti di Stato o delle multinazionali? Ma non scherziamo… sono loro, sovente, i primi a essere così pieni dei loro sporchi segreti tanto da pensare che «anche tutto il mondo sia fatto di sporchi segreti»: «lanciano tutto contro il muro, come un bambino di quattro anni che lancia la cacca, per veder cosa ci resta attaccato». E Internet? Una falsa promessa: «sta uccidendo il giornalismo». Niente può sostituire un giornalista che segue una storia da vent’anni. Le storie migliori arrivano quando si lavora sul campo, altro che.

Ecco, non si può certo dire che Jonathan Franzen, nel suo ultimo romanzo ci sia andato giù leggero. La tecnologia è citata e richiamata in continuazione, con toni critici o denigratori. Nella trama di questo Purity Franzen ha infatti scelto d’inserire tutti i grandi problemi che la tecnica ha manifestato in questi ultimi vent’anni: l’avvento di Internet e il suo impatto sulle relazioni interpersonali, i fenomeni di Wikileaks e della trasparenza radicale, la gestione del segreto e le nuove vie del giornalismo d’inchiesta, il Datagate e gli hacker che intercettano e-mail o installano spyware nelle redazioni, l’ossessione per la pornografia online e la vita quotidiana del cittadino in una società sorvegliata e controllata.

Il tutto in un’impalcatura romanzesca estremamente articolata e sofisticata, in molti passaggi sontuosa e raffinata, che ben si lega sia con i problemi caratteriali ed esistenziali dei protagonisti – perché tutti i protagonisti di Franzen sono notoriamente problematici – sia con le vicende che si dipanano nel corso della narrazione.

In realtà, come nelle opere di Franzen accade spesso, la critica (ai personaggi, alle loro debolezze, alla società, alle professioni) è portata anche cercando l’equilibrio in maniera magistrale fra tecnica e tradizione, debolezze umane e potenza tecnologica, segreti dell’intimo umano e volontà di trasparenza elettronica. In Purity, l’hacker tedesco finito a nascondersi in Sudamerica, quasi in esilio, che si presenta come il più grande paladino mondiale della trasparenza, è il primo a custodire un terribile segreto personale. E anche le vicende di contorno, che si svolgono quasi tutte nell’era del post-Snowden/Datagate e post-Assange, sono comunque condizionate da ombre che si radicano nel periodo della Guerra fredda e delle attività di spionaggio della Stasi, con una sorta di continuità temporale proprio sul tema tanto attuale dello spionaggio interpersonale e della sorveglianza. Lo spyware che appare a un certo punto della trama, un software maligno che va a cercare, in una rete, delle informazioni da intercettare, ha l’aria di essere molto più innocuo delle informazioni che vengono svelate tramite i dialoghi personali tra le persone durante alcuni momenti di debolezza dei protagonisti.

L’artifizio di mettere al centro della storia un’associazione (simile, in alcuni passaggi, a una setta) che, da un Paese del Sudamerica, cerca di scardinare il segreto mondiale grazie al carisma del leader e correggendo i difetti di Wikileaks e di Assange è molto moderno e suggestivo. Il leak (l’atto di rivelazione di un segreto) diventa, così, un nuovo strumento di potere e di condizionamento politico e sociale, forse il più potente mezzo esistente. Al contempo, però, Franzen mostra la sua diffidenza, e il vecchio detto di «chi controlla la “purezza” del controllore» aleggia in ogni pagina, e viene costantemente suggerito al lettore.

Purity, sia chiaro, non si presenta come un romanzo tecnologico, anche se in alcuni passaggi la commistione dei generi è evidente. La passione di Franzen per la tecnologia è nota (con un approccio che varia tra il conservatore e il luddista), ma in questo caso protagonisti sono i personaggi e la loro storia, i dialoghi con i familiari (emblematico il rapporto tra Pip e la madre depressa, che si rendono infelici a vicenda) e con gli amanti, le fobie e le debolezze dei caratteri, i problemi economici delle nuove generazioni (130.000 dollari di debiti universitari ti condizionano la vita, non c’è dubbio). L’ambiente tecnologico è semplice spunto per alcune connessioni intelligenti al tema del segreto e dell’idealismo, della spregiudicatezza, delle vulnerabilità e delle asserite patologie della società tecnologica.

Andreas Wolf, il personaggio centrale di tutta la storia, è un eroe-fuorilegge del web colpito da diversi mandati di cattura internazionali per spionaggio e crimini informatici che ha creato il Sunlight Project («la luce del sole è il miglior disinfettante» è il suo motto, che riprende la famosa frase di un giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Louis Brandeis), che offre stage retribuiti a giovani promettenti per coinvolgerli nel suo progetto in Sudamerica. Il tutto in nome della trasparenza, perché «la segretezza è oppressione, mentre la trasparenza è libertà».

Già famoso per avere aperto al mondo gli archivi della polizia segreta della Germania dell’Est, Wolf prosegue sulla stessa linea coadiuvato da mezzi tecnologici ben più efficaci e sofisticati per combattere ingiustizie sociali e svelare «segreti tossici» di tutto il mondo. Al contempo, però, è il primo a nascondersi e a non svelare i propri finanziatori.

Divertente è la parte nella quale Franzen demolisce senza pietà le origini del suo personaggio hacker, descrivendolo come un uomo che di notte crea un network di scontenti mentre di giorno guarda film pornografici in rete, ed è proprio la pornografia a renderlo entusiasta di Internet e della sua capacità di trasformare il mondo. Wolf si entusiasma per l’improvvisa accessibilità di tutto questo materiale pornografico, per la garanzia dell’anonimato, per l’irrilevanza del copyright, per una sensazione di controllo e di comunità tra simili. Ma ciò, allo stesso tempo, lo porta a una sorta di corto circuito cerebrale, a far diventare la sua personalità un circolo chiuso fatto di stimoli e di risposte, a ridurre l’idea di personalità privata a una generalità pubblica, sino alla morte, con la connessione in rete, della stessa idea di persona.

I temi che Franzen da anni contrappone agli aspetti positivi delle tecnologie, ossia la ricerca disperata di piacere da parte delle persone che si rivolgono a oggetti tecnologici «sexy», la mancanza di equilibrio o d’integrità nei caratteri che lui descrive, il tentativo costante di piacere agli altri e la vanità diffusa sugli «specchi» dei social network, si ritrovano nei personaggi del suo ultimo romanzo.

L’idea è che le tecnologie possano benissimo servire per raggirare le persone e attirare consenso e apprezzamento. E quelle stesse tecnologie non riescono a filtrare e a smussare né tutti gli atti di accusa né le critiche che l’autore di Purity muove nei confronti dei genitori (che da questo romanzo escono a pezzi), degli affetti mancati, della purezza delle persone (una tecnologia che chiama trasparenza quando, al contempo, questa trasparenza rivelerebbe proprio la «non purezza» dei protagonisti di queste battaglie) e del culto della personalità di chi diventa un riferimento per molti giovani.

Si noti, però: si tratta di un processo spesso sommario, portato più con fini narrativi che con reali motivazioni e basato, a volte, su stereotipi ormai diffusi che non corrispondono sempre a realtà.

Il demolire un po’ tutti gli aspetti dell’evoluzione tecnologica degli ultimi anni, compresi fenomeni quali il leaking e il whistleblowing che hanno avuto in realtà la forza, in alcuni casi, di cambiare il panorama politico, è pienamente in linea con la demolizione dei caratteri dei personaggi, dei valori e del contesto sociale nel quale gli stessi protagonisti operano. Un espediente narrativo molto dark, condito di cinismo e che va a scrutare spesso il lato più oscuro della persona, che Franzen utilizza da anni per rendere così piacevole e intrigante la lettura delle sue opere. E che colpisce inevitabilmente, in questo caso, anche la società moderna dell’informazione.