La Grande coalizione non supera il test. Le analisi dei flussi elettorali consentono di rivedere alcune interpretazioni precipitose che sono state proposte all’indomani del voto di domenica in Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt.

Alternative für Deutschland (AfD) è sicuramente il vincitore principale. In tutti e tre i Länder il partito di destra radicale guidato da Frauke Petry ha ottenuto un risultato migliore di quello che era stato pronosticato alla vigilia delle elezioni: il 15,1% dei consensi nel ricchissimo e industrializzato B-W, il 12,6% nella confinante Renania-Palatinato e addirittura un clamoroso 24,2% nel Land orientale Sassonia-Anhalt.

Fuorviante è però l’analisi che è stata accreditata sui principali quotidiani italiani (si veda anche la Lettera internazionale Berlino, 14/3/2016), per cui il voto nelle tre regioni avrebbe rappresentato uno «schiaffo alla Merkel» e in particolare alla sua politica di apertura ai migranti. Uno studio condotto dall’istituto demoscopico Infratest mostra che AfD è riuscita a sottrarre voti non solo al partito della Cancelliera, la Cdu, ma a tutti i partiti tradizionali: 390.000 astensionisti, 278.000 elettori della Cdu, 147.000 elettori della Spd, 78.000 elettori dei Verdi, 62.000 elettori della Linke, 32.000 elettori della Fdp e 250.000 elettori dei partiti minori che non sono rappresentati al Bundestag. Tra i sanzionati di domenica scorsa, oltre alla Cancelliera, andrebbero quindi annoverati anche i «dissidenti» Guido Wolf e Julia Klöckner, i due candidati di punta della Cdu in Baden-Württemberg e in Renania-Palatinato, i quali alla vigilia del voto avevano cercato, invano, di guadagnare consenso prendendo le distanze dalla politica di accoglienza avviata da Angela Merkel. La presa di distanza dalla Kanzlerin potrebbe averli addirittura penalizzati, facendoli apparire agli occhi del loro elettorato di riferimento, come emerge anche da un sondaggio commissionato alla vigilia del voto, come dei politici «sleali».

La tesi del presunto «trionfo degli anti-immigrati» non regge nemmeno se si tiene conto dell’ottimo risultato ottenuto nelle due regioni occidentali (Baden-Württemberg e Renania-Palatinato) dai due ministri presidenti uscenti, i quali, diversamente da Wolf e Klöckner, alla vigilia del voto si sono invece schierati nettamente con Merkel in materia di politica migratoria. Il verde Winfried Kretschmann, in un Land conservatore qual è storicamente il Baden-Württemberg, ha trascinato il suo partito verso uno storico 30,3% di consensi, mentre in Renania-Palatinato è stato solo grazie all’elevata popolarità personale di Malu Dryer se la socialdemocrazia tedesca è riuscita ad evitare la terza pesante sconfitta (negli altri due Länder la Spd ha perso più di dieci punti percentuali rispetto alla precedente tornata elettorale). La convenienza per i due partiti della Grande coalizione a schierarsi dalla parte della Cancelliera in materia di politica migratoria viene inoltre corroborata da un altro studio, condotto dalla Forschungsgruppe Wahlen, secondo il quale la maggioranza degli elettori in Baden-Württemberg e in Renania-Palatinato, rispettivamente il 54% e il 58%, avrebbe espresso un giudizio positivo sulla politica di accoglienza dei rifugiati. Solo in Sassonia-Anhalt il giudizio negativo sulla gestione del governo federale avrebbe prevalso su quello positivo (50% vs 42%). D’altra parte, proprio l’eclatante successo elettorale conseguito da AfD in questo Land offre un argomento ulteriore a supporto della tesi per la quale il risultato di domenica non può essere semplicemente liquidato come un referendum sulla politica migratoria del governo federale tedesco. Dei tre Länder in cui si è votato questo è infatti quello che ospita il minor numero di profughi, richiedenti asilo o semplici immigrati.

Per un’analisi più esaustiva del voto che ha premiato il partito di Frauke Petry, oltre alla già ricordata trasversalità (ossia la capacità di AfD di attrarre i voti di persone con diverso orientamento politico), andrebbero, quindi, tenuti presenti anche altri fattori, tra cui la geografia del voto, e in particolare il cleavage tra le regioni povere dell’Est e quelle più ricche dell’Ovest, e il profilo il socio-demografico degli elettori. Dalle prime analisi dei flussi elettorali sembrerebbe, infatti, che siano stati soprattutto i giovani uomini disoccupati o precari a votare per AfD. Un’analisi eccessivamente focalizzata sul diffuso malcontento dei tedeschi nei confronti della politica di accoglienza dei profughi non consente, dunque, di cogliere altri aspetti rilevanti del voto, che invece meritano di essere sottolineati in una prospettiva interessata a riflettere sui possibili scenari futuri. L’elevato numero di elettori interessati (12,7 milioni, praticamente 1 su 5) e l’innegabile peso che la crisi dei profughi ha avuto durante la campagna elettorale per il rinnovo delle assemblee regionali – dunque una issue di rilevanza nazionale – autorizzano a considerare il voto in Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt, sia pur con le dovute cautele, come un test abbastanza significativo in vista delle prossime elezioni politiche che si terranno nell’autunno 2017.

Al di là dell’attestazione di AfD nella destra dello spazio politico, le elezioni regionali di domenica possono fornire ulteriori e significative conferme di un più generale fenomeno di disaffezione dell’elettorato tedesco nei confronti dei partiti tradizionali: un’elevata volatilità elettorale, una significativa perdita di consensi delle due Volksparteien e una crescente personalizzazione della politica. In controtendenza si segnala invece un aumento della partecipazione al voto, dovuto in larga parte a una certa connotazione emozionale del dibattito sulla politica di apertura ai profughi avviata da Angela Merkel. Un’ulteriore frammentazione del sistema dei partiti, e quindi una possibile definitiva dissoluzione di un sistema imperniato su due grandi partiti tendenzialmente maggioritari, potrebbe avere importanti implicazioni sui futuri equilibri politici. Nel caso in cui dopo le elezioni politiche dell’autunno 2017 non ci dovessero essere le condizioni per formare un governo di centrodestra o uno di centrosinistra – eventualità che allo stato attuale appare molto probabile – la grande coalizione potrebbe non essere più l’unica soluzione praticabile.

È facile immaginare che a questa conclusione siano giunti anche i diretti interessati, i cristiano-democratici e i socialdemocratici, e che questa analisi produrrà, con l’approssimarsi della fine della legislatura, tensioni inevitabili all’interno del governo. Per concludere, se si guarda a Berlino e alle possibili conseguenze sulla politica nazionale dei prossimi mesi, il dato politico più interessante che emerge dal risultato di questa tornata regionale in Germania è il mancato superamento del test da parte del governo di Grande coalizione, non il presunto «trionfo degli anti-immigrati».