Il 29 novembre, il 57,5% degli svizzeri ha deciso attraverso un referendum di vietare la costruzione di nuovi minareti. Certo, potremmo confinare questo risultato alla sola Confederazione elvetica, affrettandoci a trovare spiegazioni a un avvenimento che nessuno aveva previsto. Un simile atteggiamento ci porrebbe sulla scia di chi ritiene che gli svizzeri stiano vivendo molto male la crisi apertasi più di un anno fa tra il loro Paese e la Libia o, su un registro completamente diverso, la limitazione del segreto bancario sotto la pressione del G20. La loro forte crisi di identità, diagnosticata oltre vent’anni fa, si starebbe aggravando e condurrebbe molti di loro a cedere alle sirene della destra populista e nazionalista.
In realtà, questo referendum tocca tutta l'Europa, come è attestato dall'ampiezza dei commenti e delle reazioni. La destra populista se ne rallegra e intende prendere iniziative analoghe un po' ovunque. La destra moderata si barcamena tra la tentazione di cavalcare l'onda xenofoba e la preoccupazione di non esacerbare le tensioni con i musulmani europei e di non deteriorare le relazioni con i Paesi musulmani che sono di frequente grandi partner economici. La sinistra esprime la sua indignazione morale, come le autorità religiose, tra le quali in primo luogo il Vaticano.
Si pongono due questioni di fondo. La prima riguarda il voto popolare. Questo referendum illustra ancora una volta il divario sempre più ampio tra le popolazioni e le élite che, pure, invocano regolarmente la democrazia e la sua regola aurea del suffragio universale. A lungo, i referendum di iniziativa popolare sono stati presentati come un progresso democratico. I limiti di questa impostazione sono ormai chiari: fare risolvere questioni complesse con un «sì» o con un «no» come sola risposta possibile, pone un problema. Ma, allo stesso tempo, bisogna valutare ciò che questo tipo di voto esprime. Precisamente, ed è la seconda questione, una larga parte degli europei ha paura perché deve confrontarsi in maniera sempre più rapida con i mutamenti fondamentali delle nostre società, a partire dagli effetti delle migrazioni internazionali e dalle loro conseguenze sulla vita quotidiana. Nell'attuale contesto di crisi grave economica, sociale e politica e di esaurimento dei diversi modelli di integrazione degli stranieri – quello repubblicano alla francese così come quello comunitarista – è sufficiente che qualche estremista diffonda immagini-shock, designi gli immigrati come capri espiatori, sovrapponga Islam e islamismo, faccia credere che siamo di fronte a uno scontro di civiltà nel cuore dell'Europa, per alimentare fantasmi, ravvivare angosce e incrementare voti di protesta.
È dunque urgente per le élite politiche occuparsi seriamente di questi argomenti. Senza strumentalizzare le inquietudini a fini elettorali. Senza occultare la gravità delle tensioni presenti nell'opinione pubblica. Senza accontentarsi di esprimere la propria riprovazione in nome di nobili valori. Occorre invece studiare ciò che accade realmente, per comprendere e dare spiegazioni. Prima che sia troppo tardi.

[Traduzione di Pierpaolo Naccarella]