No, anche se cambiamo panorama, consideriamo 133 Paesi, arricchiamo la gamma di nuovi indicatori, la sostanza del messaggio non cambia: l’Italia non primeggia mai. Recentemente, abbiamo qui ampiamente discusso le (poche) luci e le (molte) ombre dell’Italia digitale,a cui si devono aggiungere le dimissioni della direttrice dell’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), che rimandano a scelte politiche poco innovative in materia di banda larga e difficoltà organizzative.

Oggi vogliamo attirare l’attenzione su un nuovo indice (Social Progress Index) che mira a misurare il progresso sociale indipendentemente dal Pil. Differenziandosi da precedenti indici, come lo Human Development Index curato da Undp o l'Oecd Better Life Index, il Social Progress Index vuole separare la performance sociale da quella economica per individuare le componenti non economiche che incidono sul progresso complessivo di un Paese, ma che sono quasi sempre trascurate nella fase di formulazione di politiche pubbliche. L’indice prende in considerazione 52 indicatori raggruppabili in tre aree: "bisogni umani di base", "fondamenti di Wellbeing" e "opportunità". Complessivamente, l’Italia si colloca 31esima, ultima tra i Paesi ad alto livello di progresso sociale. È indubbio che l’Italia offra standard più che accettabili in infrastrutture di base (accesso ad acqua ed elettricità, servizi medici), alfabetizzazione (scolarità obbligatoria, parità di genere nell’accesso all’istruzione), diritti individuali (libertà di espressione, di movimento, di credo religioso e politico) che in altri Paesi sono invece ancora da conquistare.

Tuttavia, in Italia ci sono situazioni critiche che incidono negativamente sul complessivo sviluppo sociale del Paese, in particolare quando pensiamo all’innovazione, alla creatività e alla libertà democratica. Un dato noto e ribadito è la libertà di stampa che ci vede al 38° posto (con un indice di 23,75 su una scala decrescente da 0 a 100) dopo Paesi con sistemi di media più aperti e concorrenziali come Finlandia (6,40), Svezia (8,98), Germania (10,23) e non troppo lontani da Uk (19,93) e Usa (23,49).

Altri indicatori rimandano a una serie di libertà individuali strettamente legate ai diritti civili che, in generale, appaiono un valore dichiarato ma non sempre praticato: siamo al 55° posto dopo Argentina, Mongolia e Uzbekistan e prima di Lituania, Malesia e Messico. Per esempio la libertà di scegliere cosa fare della propria vita è soddisfatta solo per un 62% degli italiani, facendoci scivolare al 102° posto in classifica, dopo Nigeria e Venezuela e prima di Gabon e Mauritania. Ancora, il 64% delle italiane tra i 15 e i 49 anni si ritiene soddisfatta dei metodi contraccettivi disponibili, facendoci risalire al 70° dopo Israele e Ucraina e prima di Kirghizistan e Laos. La Spagna registra l’80%, gli Usa l’85% e la Gran Bretagna il 93% di soddisfazione.

La corruzione – si sa – è un potente dispositivo che deprime, oltre alla libertà individuale, anche le performance economiche e sociali. Con un punteggio di 43 (su una scala decrescente da 0 a 100) occupiamo il 52°posto di fianco alla Grecia, dopo Cuba e Turchia e prima di Serbia e Tunisia. La Spagna registra 60, gli Usa 70 e la Gran Bretagna 78.

Siamo 27esimi per tolleranza e inclusività, anche se sembriamo meglio disposti nei confronti degli omosessuali rispetto agli immigrati (rispettivamente la nostra posizione è la 25° e 44°). Il 57% degli italiani ritiene che il Bel Paese sia un buon posto dove un omosessuale possa vivere, quota decisamente più bassa rispetto all’87% della Spagna, del 71% degli Usa e il 77% della Gran Bretagna. Quando si parla di immigrati le stesse percentuali diventano il 68% in Italia, l’86% in Spagna, l’81% negli Usa e il 79% in Gran Bretagna.

Tutti questi indicatori (tranne la libertà di stampa) sono inseriti nella categoria delle "opportunità". Una lettura negativa ci porterebbe a dire che le chance per l’Italia di cambiare verso sono poche, mentre una lettura positiva ci spingerebbe a vedere molti margini di azione. Certo è che cittadini poco informati e digitalmente non competenti non useranno la fibra ottica. Altrettanto vero è che non è possibile spingere sull’innovazione in un ambiente corrotto e poco tollerante. Sviluppo economico e progresso sociale si sostengono necessariamente a vicenda.