Non esiste nessuna Enciclopedia di Scienze Sociali e nessun Dizionario di Politica (meno che mai quello che ho avuto il privilegio di curare insieme a Bobbio e Matteucci, nel quale la voce “Governabilità” è stata scritta da me), che associ la governabilità di un sistema politico, meglio, di una democrazia, al premio di maggioranza, ad un’aggiunta di seggi regalati al partito più grande.Governabilità è, invece, sempre collegata alla stabilità di un governo (non necessariamente dello stesso capo di governo) che è una delle premesse, ma tutt’altro che l’unica o la più importante, della capacità decisionale. Governabilità è l’esito positivo dell’attività di un governo che sa rispondere in maniera efficace e responsabile, ad esempio, con riferimento al programma presentato agli elettori, alle domande degli attori socio-economici, selezionandole e interpretandole. Il procedimento sarà tanto migliore quanto, a loro volta, le associazioni e i gruppi socio-economici non saranno “disintermediati”, vale a dire, non presi in considerazione e snobbati, ma vivaci, rappresentativi, in competizione fra di loro. Molto di tutto questo non ha nessuna relazione con il sistema elettorale tanto che, nel corso della seria crisi di governabilità che colpì le democrazie occidentali per tutti gli anni settanta fino all’inizio degli anni ottanta, nessuna democrazia pensò di risolvere il problema attraverso una riforma del sistema elettorale.  E nessuna lo fece.

Che qualcuno possa credere che l’Italicum produrrà meccanicamente governabilità nel sistema politico italiano è uno dei numerosi misteri non gloriosi della propaganda politica dei renziani e della scarsa professionalità dei giornalisti italiani. Naturalmente, è lecito pensare che un governo monopartitico dotato di una congrua maggioranza parlamentare si trovi in condizioni migliori per offrire governabilità agli italiani. Tuttavia, non soltanto non esiste nessuna certezza che un simile governo sia più e meglio rappresentativo dei governi di coalizione e maggiormente in grado di produrre le decisioni più appropriate e meglio applicabili, ma non esiste neppure una controprova affidabile. Tutti i governi delle democrazie europee, con la sola eccezione, finora, della Spagna (nella quale, peraltro, piccoli partiti regionali sono spesso stati essenziali per la formazione dei governi socialisti e popolari) e, in passato, della Gran Bretagna, sono  stati e sono governi di coalizione. In nessuna di quelle democrazie si parla di crisi di governabilità o di ingovernabilità. In nessuna la soluzione di eventuali crisi viene demandata alla riforma del sistema elettorale. L’ultima riforma di rilievo del sistema elettorale vigente in una democrazia europea, dettata da preoccupazioni partigiane, ebbe luogo in Francia. Fu, in verità, una controriforma quando (nel 1985) Mitterrand introdusse, al posto del doppio turno di collegio, una legge proporzionale cancellata da Chirac immediatamente dopo la sua vittoria nelle elezioni parlamentari del 1986.

Fissato il punto che la governabilità è qualcosa che dipende in minima parte dal sistema elettorale, è possibile aggiungere che sono le modalità di competizione politica che facilitano oppure ostacolano la governabilità. In più di un modo, la governabilità è facilitata anche, ma certamente non automaticamente prodotta, dal bipolarismo e dal fenomeno strettamente collegato dell’alternanza. Per anni gli italiani si sono raccontati che volevano costruire una matura democrazia dell’alternanza, che avevano bisogno dei meccanismi elettorali per dare vita a una democrazia compiuta. Anche grazie al Mattarellum, gli italiani hanno avuto sia il bipolarismo sia l’alternanza, ma giustamente sono rimasti abbastanza insoddisfatti dalle qualità di entrambi, ovviamente a causa delle modalità con le quali bipolarismo e alternanza sono stati interpretati e manipolati dai protagonisti politici. Il mantra dei proponenti dell’Italicum e dei loro affannati sostenitori è che produrrà sicuramente il bipolarismo. Questa è un’affermazione azzardata che probabilmente si rivelerà falsa.

Certamente, i meccanismi dell’Italicum non autorizzano nessuna previsione favorevole. Anzi, è facile indicare perché alcuni dei meccanismi elettorali previsti rendono il bipolarismo poco probabile. In primo luogo, se il premio in seggi va al partito o alla lista che prende più voti, non potrà formarsi nessuna coalizione pre-elettorale intenzionata ad offrire all’elettorato un’opzione praticabile di governo. In secondo luogo, se al ballottaggio non sarà possibile appoggiare l’uno o l’altro dei contendenti con aggregazioni sotto forma di apparentamenti – che non soltanto è modalità diversa da quella della formazione di coalizioni pre-elettorali, ma è quanto già avviene nel caso di maggior successo delle riforme che furono fatte (1993) anche prima dell’avvento di Renzi: quella dei sistemi per l'elezione dei sindaci – , ne conseguiremmo inevitabilmente un vincitore contornato da diversi sconfitti in ordine sparso. Inoltre, gli sconfitti non soltanto non avranno nessun incentivo a formare un fronte unitario di opposizione, che, per l’appunto, caratterizzerebbe un, altrimenti impossibile, bipolarismo, ma entreranno in concorrenza perversa fra di loro, proponendo l’irrealizzabile. Infine, perché, poi, non è male tenere anche conto del sistema partitico al quale verrà applicato l’Italicum, è possibile che al ballottaggio vadano il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle, vale a dire un partito della Nazione e un partito tecnicamente antisistema, che significa che, se potesse, cambierebbe il sistema politico-istituzionale e socio-economico.

Se le coalizioni pre-elettorali o gli apparentamenti post primo turno fossero accettati nella legge, due esiti, entrambi preferibili, diventerebbero possibili. Primo esito: il centro-destra potrebbe aggregarsi , superando in voti il Movimento 5 Stelle. Secondo esito: a sua volta il Movimento 5 Stelle potrebbe cercare alleati stemperando alcune sue asperità programmatiche. Infatti, la formazione di coalizioni, come rivelano tutte le ricerche, implica due conseguenze entrambe positive: i) dà vita a un governo maggiormente rappresentativo di quello costruito da un solo partito; ii) obbliga quel governo a formulare un programma delle sue attività meno “estremo” di quello di un solo partito, tagliando le ali alle proposte eclatanti, più partigiane, meno condivise. Un bipolarismo incentivato dai meccanismi elettorali renderà meno conveniente rimanere sparsi all’opposizione cercando di lucrarne separatamente alcuni vantaggi. Anzi, obbligherà un po’ tutti a cercare di rappresentare una pluralità di interessi e di preferenze e, di conseguenza a fare funzionare, nella maniera che sapranno, una democrazia dell’alternanza. L’Italicum non dà allo stivale del nostro scontento nessuna garanzia né di governabilità né di bipolarismo.