L’elasticità e l’immediatezza del fumetto hanno sempre trovato applicazioni felici alla cronaca del presente e al ricordo del passato. Ricorrenze importanti come questo 25 aprile ce lo mostrano con un numero e una varietà di edizioni e iniziative estremamente significativi: il linguaggio-fumetto gode di un momento vitale e felice e l’unico limite delle sue storie sono la fantasia e la creatività degli autori.

È anche interessante notare che alcune di queste storie non sono recentissime, altre non sono strettamente legate a questa occasione, che ne ha ispirate diverse, e che infine ce ne siano di annunciate e ancora in lavorazione: le ricorrenze sono un’occasione importante per ricordare, ma perché il ricordo diventi memoria è cruciale che si rinnovi con continuità nel tempo.

È il modo migliore e più concreto per rinverdire una tradizione di fumetto civico che si propone anche come momento di intrattenimento di qualità, secondo la lezione di un “fumetto verità” (formula felicissima del grande autore, giornalista e pedagogo Mino Milani) che in passato ha fatto scuola, ispirando episodi di testimonianza civile di grande valore comunicativo e fumettistico.

Tra le date fatidiche che hanno preceduto il 25 aprile 1945 c’è l’8 settembre 1943 e quello che ne è seguito: disorientamento, incertezza e il lento farsi largo della consapevolezza che esistevano delle parti e che non si poteva non scegliere da quale stare. Non fu così per tutti, e non fu una scelta facile per nessuno. Da qui parte e di questo parla L’inverno di Diego di Roberto Baldazzini (The Box Edizioni, 2013) , dove l’inverno in questione è quello del 1943 e la scelta è quella del figlio un po’ viziato di un gerarca, per il quale la ribellione al padre arriva a saldarsi con l’adesione alla lotta partigiana: lentamente, con fatica, lungo un cammino costellato di dolore e morte. Baldazzini è da decenni uno dei nostri autori più noti e pubblicati all’estero, apprezzato per una sua personalissima versione di “linea chiara” morbida e plastica, che qui trova una sintesi ancora più scarna ed essenziale, di gran pregio.

Lo stesso criticissimo periodo 1943-44 è quello di La cittadella degli eroi, scritto dal giornalista e autore satirico Carlo Gubitosa per i disegni di Giuseppe Lo Bocchiaro (su “La Lettura” di domenica 5 aprile 2015; e nel volume antologico Festa d’Aprile, Tempesta Editore, 2015). Il racconto ricostruisce la storia dell’agronomo Paolo Sabbetta, inviato dal regime nel 1943 a gestire la tenuta agricola laziale di Tor Mancina, dove insieme alle famiglie risiedevano decine di braccianti a rischio di deportazione da parte degli occupanti nazisti. Senza mai ricorrere alla violenza – falsificando documenti, nascondendo cibo e animali, rifocillando nottetempo i partigiani – e con l’aiuto della popolazione, Sabbetta riuscì a impedire la completa spoliazione della tenuta e la deportazione dei civili. Una storia di eroismo collettivo di cui andrebbe recuperata l’edizione in volume (quella in formato tabloid sacrifica un po’ di leggibilità alla maggior diffusione).

I figli della schifosa di Alberto Pagliaro (Edizioni BD, 2012) si svolge per brevissimi tableaux apparsi originariamente sul periodico "Il Vernacoliere": ministorie di una sola pagina, con l’unico filo conduttore della stagione della Resistenza in Toscana. Brevi momenti di relax sui prati del Mugello; ultime fantasticherie di prigionieri prima dell’esecuzione (“Sarò seppellito in Santa Croce accanto a Michelangelo!”); sogni erotici di partigiani a occhi aperti: con un effetto di progressiva accumulazione, questi episodi si compongono in una narrazione coesa ed estremamente suggestiva, forse anche al di là delle intenzioni originali dell’autore.

Non siamo dalle parti di La vita è bella: non ci sono buonismi o fughe dalla realtà nel romanticismo a tratti struggente delle vite normali colte da Pagliaro con una sagacia così autenticamente toscana, sempre rigorosa e immune da folklore e cliché, da sfiorare l’orgoglio.

Monte Battaglia di Virna Paolini, Simone Cortesi e Gabriele Peddes (Black Velvet Editrice, 2013) è ambientato nell’omonima località dell’Appennino ravennate difesa nel settembre-ottobre 1944 da formazioni partigiane e statunitensi. Gli scontri con le forze tedesche e repubblichine furono particolarmente cruenti ma permisero di mantenere l’importante posizione. L’approccio scelto è classico e diretto: piccoli non-eventi personali e fortuiti introducono il lettore alla vicenda storica. Nel nostro caso, il ritrovamento casuale di una vecchia gavetta innesca un’alternanza di flashback e di narrazioni al presente con cui una nonna di oggi racconta le vicende di quei giorni al nipotino. Come spesso accade con impianti classici, fanno la differenza la freschezza e l’evidente coinvolgimento degli autori.

Infine, l’Anpi di Forlì-Cesena ha commissionato una storia per i testi dello storico Maurizio Balestra e i disegni della giovane artista Eugenia Trotta. Ispirazione e documentazione vengono da opere di poesia del cesenate Augusto Capovin, partigiano dell’Ottava brigata Garibaldi “Romagna”, che serviranno da spunto per trattare i fatti conseguenti al grande rastrellamento dell’aprile 1944 nell’area appenninica di Forlì-Cesena-Rimini (battaglia ed eccidio di Fragheto, battaglia di Biserno).