Nella sinistra in senso lato, ma anche oltre, infuria lo scontro su Matteo Renzi, the boy, per chiamarlo con il titolo di un libro di Andrea Romano su Tony Blair. Uno scontro di sostanza e di pelle: ad alcuni sta antipatico proprio per le stesse ragioni per cui sta simpatico a molti, ai molti che hanno manifestato la loro «simpatia» votandolo, prima alle primarie per la segreteria del Partito democratico, poi, assai più numerosi, alle elezioni europee. Vorrei sfrondare le ragioni di sostanza da quelle di pelle, concentrandomi sulle due più importanti: esse hanno a che fare con le due innovazioni collegate che Renzi ha introdotto di forza nella politica della sinistra del nostro Paese: una innovazione mediatico-organizzativa e una innovazione politico-ideologica.

Entrambe le innovazioni stavano nel patrimonio genetico del Partito democratico, essendo da tempo sostenute da coloro che hanno combattuto per fare della alleanza dell’Ulivo un vero e proprio partito, con una identità ben chiara e diversa dalla semplice somma delle sue due principali componenti, postcomunista e postdemocristiana. Chi si appassiona di queste cose ricorderà che, ancora alle soglie delle elezioni del 2006, c’era chi insisteva affinché il termine centro-sinistra si scrivesse sempre con il trattino, a segnalare la netta distinzione tra le due componenti dell’alleanza. E di conseguenza combatté fino all’ultimo per presentarsi a quelle elezioni con due liste distinte. Per non dire del veto alla collocazione dell’Ulivo nel gruppo socialista del Parlamento europeo: sembra storia antica, ma si tratta di pochi mesi o pochi anni or sono. Una storia che neppure Veltroni, l’unico leader della vecchia guardia che credeva sinceramente nel progetto del Partito democratico, riuscì a superare.

Questo articolo è dunque dedicato al Renzi politico e poi leader di partito, e non al Renzi capo del governo. Riguarda soprattutto il passato prossimo, non il presente.

 

Riproduciamo qui l'incipit dell'articolo di Michele Salvati, Le due innovazioni di Matteo Renzi, pubblicato sul “Mulino” n. 6/14, pp. 896-905.