La crisi della democrazia è un’industria in crescita, direbbero gli economisti, a giudicare da quanto se ne scrive. Una crisi più intensa di quelle che questa forma di governo periodicamente ha conosciuto? E perché? Il saggio d’apertura di Francesco Tuccari è una guida densa ed efficace alle ragioni profonde della crisi attuale; ad esso sono utili complementi l’articolo sul ritorno della diseguaglianza di Melloni e Soci, nella rubrica «l’anno scorso a Marienbad», e la recensione di Magali Sarfatti Larson all’importante libro di Block e Somers su The Power of Market Fundamentalism, una critica polanyiana al fondamentalismo di mercato. Nonché «la Lettura del Mulino», di cui diremo in conclusione.

La rubrica «il caso italiano» spazia dai fondamenti del Welfare, analizzati tramite la difficile categoria dei «beni comuni» (Saraceno) alle misure di contrasto della povertà, e in particolare alla Sia, il sostegno all’inclusione attiva (Peragine e Luongo); dalle diverse forme di partecipazione dei lavoratori all’impresa (Trento e Mattei) all’argomento politico del giorno, la leadership innovativa (quantomeno nella sinistra) di Matteo Renzi (Salvati). Una nota su questo. Le idee espresse dal direttore trovano solo un parziale consenso nel comitato direttivo della rivista, immaginarsi al di fuori di esso: su argomenti così scottanti era difficile attendersi un esito diverso. Ma «il Mulino» verrebbe meno al suo compito se non buttasse, ogni tanto e garbatamente, dei pesanti sassi nello stagno: le onde da questi smosse si rifrangeranno nel prossimo numero. Consistente è la sezione «insegnare e imparare» – che può essere letta come «imparare a insegnare» e «insegnare a imparare» – a testimonianza dell’impegno che «il Mulino» da sempre dedica alla scuola. Neppure menziono i nomi degli autori dei sei saggi, ricchissimi di riflessioni e informazioni: il nostro auspicio è di coinvolgere anche non esperti in una discussione cruciale per lo sviluppo civile del nostro Paese.

«La finestra sul mondo» contiene due articoli di grande interesse. Quello, molto informativo, di Chiara Bonfiglioli, che ci invita a riflettere, quando acquistiamo un indumento a buon mercato, sullo sfruttamento e sulle sofferenze di chi l’ha prodotto. E quello di Davide Bianchi sul referendum scozzese, analitico e informativo insieme, la migliore analisi breve disponibile su un evento di straordinaria rilevanza internazionale e istituzionale. Il lavoro dell’Istituto Cattaneo che presentiamo in «Cattaneo ricerca» si ricongiunge idealmente ai già citati articoli sul Welfare; si tratta di un pezzo, importante e anomalo, del Welfare all’italiana, le badanti e le domestiche straniere. La ricerca è centrata sulla provincia di Bologna, ma i suoi dati dicono molto su che cosa sta avvenendo ovunque nel Paese. In «idee» pubblichiamo un saggio di Cesareo e Livi Bacci sul difficile governo delle migrazioni, una boccata d’aria fresca, una ventata di razionalità e democrazia, in una materia inquinata da pregiudizi, partigianeria e cinica ricerca di consenso elettorale.

Molti avranno visto il film Grand Hotel Budapest, un incantevole medaglione del «mondo di ieri» che fa esplicito riferimento a Stefan Zweig, un autore notissimo tra le due guerre e di cui è in corso un meritato revival. A lui è dedicato il bellissimo «profilo» di Arturo Larcati. Nelle «repliche» Gianfranco Sabattini propone una interpretazione delle vicende politiche ed economiche della Sardegna diversa da quella avanzata dal nostro socio Guido Melis nel numero 2/14 di questa rivista: l’augurio è che il dibattito non resti confinato ad autori sardi, perché le vicende di quella bellissima isola interessano molto anche a noi «continentali».

Arriviamo infine al tradizionale appuntamento della «Lettura del Mulino», quest’anno inserito nella fitta rete di dibattiti e incontri costruita per celebrare i sessant’anni della società editrice. Il testo di Ignazio Visco, Perché i tempi stanno cambiando, for the times they are a-changin’, chiude questo numero. Sono passati cinquant’anni dalla celebre canzone di Bob Dylan e in questi cinquant’anni il mondo è effettivamente cambiato, e dei cambiamenti economici, tecnologici e demografici Visco dà una magistrale interpretazione. Dei cambiamenti e dei rischi, in particolare di quelli che riguardano l’occupazione e il lavoro, e dunque delle possibili ripercussioni sulla democrazia. Il cerchio si chiude e si torna al saggio di Tuccari, che apre il numero.