L’idea di scriverti per provare a convincerti ad andare a votare domenica non mi sarebbe venuta se avessi anche solo il sospetto che il tuo voto potrebbe essere troppo distante dal mio. Del resto le citazioni a effetto, di cui in molti casi non si conosce neppure l’origine certa, tipo “la tua libertà finisce là dove comincia la mia (e viceversa)” sono adatte più a descrivere un profilo Skype che non a commentare la vita reale. Ma per fortuna, e qualche merito dovremo pure prendercelo anche tua madre ed io, non credo che voteresti mai per un partito xenofobo o neonazista. Anche per questo vorrei che domenica tu trovassi quella mezzora di tempo per andare alle scuole medie di fianco al comune, con il tuo documento e la tua tessera elettorale immacolata. Capisco che tu abbia molte cose da fare, domenica. Svegliarti più o meno quando il resto della famiglia è già a tavola per pranzo, ad esempio. O rimettere mano per la dodicesima volta al file con l’ultimo pezzo caricato su Soundcloud. Però, nonostante tutti questi impegni, sarei contento se tu non trascurassi troppo le ragioni per cui in questi giorni quasi quattrocento milioni di persone sparse per l’Europa avranno la possibilità di dire la loro, seppure con tutti i limiti del caso. Il partito perfetto non c’è e mai ci sarà. Il “nostro” partito. Sempre che non vogliamo convincerci con qualche sforzo che quelli che sbianchettano la parola “partito” e la sostituiscono con la parola “movimento” rappresentino qualcosa di radicalmente diverso. Ma anche così andrà bene, se sceglierai un movimento che si professa antisistema: ci sarebbe da preoccuparsi se a diciannove anni non si fosse convintamente antisistema. Ma partito o movimento che sia vorrei che da qualche parte una croce sulla scheda tu la tirassi. Perché l’incomprensibile, oscura e grigia Unione europea qualche merito l’ha. Anche ad essa devi, ad esempio, l’essere potuto tornare stamattina da Berlino con la stessa facilità con cui io oggi pomeriggio andrò in autobus a pochi chilometri dal mio ufficio, per di più senza doverti preoccupare di avere in tasca gli odiati marchi. O il potere ripartire tra pochi giorni con la stessa facilità. Alla ingarbugliata e ridondante Unione europea qualcosa devono le ragazze e i ragazzi della tua generazione, che possono andarsene in giro liberamente per l’Europa, conoscere e studiare con i progetti europei, o suonare insieme. In fondo è un po' anche grazie all’Unione europea se già da un mese a casa ce ne stiamo con la caldaia spenta, perché da qualche anno da aprile a ottobre i pannelli solari bastano e avanzano.

Insomma, vorrei che tu e tutti quelli che come te sono nati da meno di vent’anni e possono votare per la prima volta non giudicaste come “una roba da vecchi” ricordarsi che dal ’45 ad oggi l’Europa ha conosciuto un periodo lunghissimo di pace. E che il rischio di un conflitto vero, anche se oggi del tutto inimmaginabile nelle forme e nelle conseguenze, non è poi così lontano. Qualcosa dell’Ucraina dovreste aver sentito.

Votare non si deve, ma conviene. Perché oltre a dire che fa tutto schifo e tutti rubano – tu non l’hai mai detto, ma in tanti lo dicono, giovani come te o vecchi come me – si può provare a fare qualcosa per avere diritti comuni, un livello decente di Welfare, un superamento dei criteri di austerità che ci bloccano qui, al palo. E soprattutto, e prima di tutto per voi, ventenni italiani, un’attenzione per il lavoro, inteso come prima forma che ci regala dignità e non invece, come viene inteso ora sotto l’etichetta della “flessibilità”, forma di sfruttamento sempre più precario.

Chissà, se sono stato fortunato mi hai letto fino in fondo. E se lo sarò sino a domenica mi darai retta.