Che cosa sorprende di più, nel disegno di legge sulla prescrizione breve? Non che Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliariello, Federico Bricolo e altri quindici senatori della maggioranza l’abbiano presentato con devota solerzia. Strano, semmai, sarebbe stato che Silvio Berlusconi non glielo avesse fatto fare, dopo averne appaltato la scrittura a Niccolò Ghedini, teorico (ma soprattutto pratico) dell’antico principio giuridico per cui «l’applicazione della legge non è uguale per tutti».

D’altra parte, ci avevano già provato nel giugno del 2008, lui e il suo avvocato deputato, a fermare i processi Mills e Mediaset. Lo avevano fatto inserendo nel decreto legge sulla sicurezza una norma che avrebbe bloccato tutti i procedimenti per un anno. L’obbiettivo era la prescrizione. Poi però il Presidente Giorgio Napolitano l’aveva fermato. Ma siccome nella cosiddetta seconda repubblica niente accade per caso, in cambio di quella norma che avrebbe prodotto sconquassi generici ne ottennero una che si limitava a uno sconquasso specifico: il “lodo” Alfano (nota per i più distratti: in un italiano che fosse appena decente, lodo starebbe per decisione arbitrale, e certo Angelino Alfano tutto può essere, tranne che arbitro fra gli interessi privati di Berlusconi e quelli pubblici della giustizia).Come tutti sanno, anche quel “lodo” non è andato a buon fine. O meglio, è stato dichiarato incostituzionale, ma non prima d’aver causato quella stessa sospensione che era stata tentata nel 2008. E ora ci risiamo. Un folto manipolo di appositi senatori presenta un ddl che minaccia sconquassi generici, allo scopo di realizzarne uno specifico, sempre lo stesso. Intanto, Berlusconi rilancia la promessa dell’immunità parlamentare. Ma anche qui nessuno si sorprende. L’esperto venditore sta rinforzando la sua popolarità bipartisan fra senatori e deputati, qua e là pescati con le mani nella marmellata (o nella spazzatura, fate voi).

C’è poi il grido di dolore di Pier Ferdinando Casini: «Quella legge è una porcheria». È forse questa la cosa strana, nell’affaire prescrizione breve? Poiché siamo un Paese di dietrologi pervicaci, c’è chi sospetta che a questo Berlusconi volesse arrivare: all’offerta da parte dell’opposizione di un nuovo “lodo” (nota per i soliti distratti: si rilegga la nota precedente), ma questa volta sancito con legge costituzionale.

Non c’è proprio nulla di inedito e strano, dunque, nelle tre paginette a firma di Gasparri, Quagliariello, Bricolo et alii? In effetti, ci sarebbe la lettera n del comma 5 dell’articolo 3, che esclude dalla prescrizione abbreviata i reati relativi alla «disciplina dell’immigrazione» e alle «norme sulla condizione dello straniero». Insomma, il migrante sarebbe socialmente pericoloso quanto un boss mafioso, e molto più d’un bancarottiere. Ma anche qui non c’è alcunché di nuovo sotto il sole. Da vent’anni la destra usa i corpi e le anime dei disperati che fuggono dalla miseria e dalla guerra per costruire consenso. Ora non fa che tener fede a se stessa.

Alla fine però ce n’è una, di sorpresa, nel ddl. La si nota appena l’occhio cade sulle tre righe di presentazione: «Misura per la tutela del cittadino contro la durata dei processi, in attuazione dell’articolo 111 della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo». Per quanto si sia abituati al cinismo furbastro d’una politica devotamente ad personam, davvero qui ci “sorprendiamo” a invocare il sublime Totò: ogni limite ha una pazienza, a prescindere.