Vento di scissione? È solo l’elezione del segretario. Certo, avviene in un sistema partitico simile allo stato di natura di Hobbes coinvolgendo una platea potenzialmente vastissima di elettori ma, pur con tutte le sue peculiarità, rimane uno tra i molti processi di selezione di un segretario di partito. Questi sono i fatti, nudi e crudi. I congressi sono sempre accompagnati da scontri e polemiche, ma forse nel Pd si sta superando il livello di guardia. I democratici giocano da troppo tempo al tiro alla fune, e la lacerazione sembra vicina a molti. 

Le ragioni sono essenzialmente due: primo, una profonda incomprensione di ciò che sta avvenendo; secondo, l’esistenza di un vincitore scontato che induce i perdenti – e pensiamo soprattutto a Cuperlo (anzi ai suoi sostenitori, perché lui, Cuperlo, è alquanto invisibile) – a giocarsi la carta dell’azzoppamento preventivo. Il primo punto ha a che fare con un tema cui teniamo molto, una battaglia che C&LS porta avanti da un po’: la  chiarezza delle parole. In breve, in un’elezione primaria la posta in gioco è chiara: l’eletto sarà il candidato del proprio schieramento ad una certa carica pubblica. C’è questa chiarezza nel caso della selezione dell’8 dicembre? No. Nonostante le prediche di ascoltatissimi studiosi, talvolta restii a guardare oltre le norme, l’8 dicembre non si svolgerà alcuna primaria, ma più semplicemente, si eleggerà il segretario di un partito. Che poi lo si faccia in modo aperto e inclusivo è tutt’altro discorso con tutt’altro concetto. L’obiezione che, di solito, ci sentiamo rivolgere è la seguente: secondo lo Statuto il segretario è anche il candidato alla presidenza del consiglio. Vero. Ma, come ben sappiamo, allo Statuto si può, più o meno facilmente, derogare. E, anche in questo caso, il fattore determinante è il sistema dei partiti. Se, per esempio, il Pd giocherà in coalizione, possiamo ragionevolmente pensare che i coalizzandi possano accettare senza fiatare la leadership del segretario democratico? E, inoltre, possiamo ragionevolmente pensare che gli sconfitti dell’8 dicembre, dopo aver derogato in favore di Renzi, possano acconsentire ad una mancanza di reciprocità? No, non possiamo, né dobbiamo pensarlo. Quindi, tanto per cominciare, il dibattito dovrebbe tornare a quote più normali (Battiato dixit). È naturale, infatti, che Renzi alzi la posta in gioco. Ma è fuorviante, per gli elettori, la grancassa di giornalisti e commentatori.

Il secondo punto non riguarda tanto l’interpretazione della natura della competizione, quanto le sue caratteristiche intrinseche definite dalla presenza di un vincitore scontato. Gli altri, i perdenti, adattano le proprie strategie senza alcuna illusione: persa la lotta per il potere, puntano a rendere meno ampio quello dei vincitori. È in questo solco che va letto l’annuncio di Epifani – il blitz, direbbe, stavolta correttamente, Fioroni – relativo all’organizzazione del congresso del Pse a Roma tra il febbraio e il marzo 2014. Immediata e prevedibilissima – anche nell’averne fatto, come sempre si fa, più una questione di metodo che di merito  – la reazione di chi vorrebbe un Pd privo di affiliazioni. Ma, dal nostro punto di vista, il tema è davvero di metodo: un segretario uscente, il cui candidato non ha alcuna possibilità di vincere, può assumere decisioni così importanti? Sarebbe auspicabile che, in questa fase, Epifani si comportasse come il Presidente della Repubblica durante il semestre bianco: gestire il quotidiano senza scelte vincolanti per il futuro. Ma quando le sabbie mobili della sconfitta stanno per risucchiarti, qualche boccata di ossigeno può regalare un attimo di felicità. Ma giusto un attimo, anzi meno di un mese.

In tutto ciò, colui che tra i primi pensò al Pd, Romano Prodi, non ha rinnovato la tessera né intende contribuire ad eleggerne il segretario. Insomma, la fune sta proprio per strapparsi. Tuttavia, nonostante il quadro desolante e a dispetto delle cupe previsioni di Cacciari, il Pd, rebus sic stantibus, non si scinderà. Salvo improbabili tentavi di suicidio, i cuperliani (si fa per dire) resteranno nel Pd di Renzi. Rimane un fattore, solo apparentemente esogeno al partito, che potrebbe indurli alla giravolta: il ritorno al proporzionale.

"Questioni Primarie" è un progetto di Candidate & Leader Selection e dell'Osservatorio sulla Comunicazione Politica dell'Università di Torino, realizzato in collaborazione con rivistailmulino.it. In vista delle primarie del Pd, ogni settimana, sino all'8 dicembre, verranno ripresi contributi pubblicati nell'ambito dell'iniziativa tutti disponibili anche in pdf sul sito di Candidate & Leader Selection. Questa settimana contributi di Stefano Rombi, Mario Rodriguez, Giuliano Bobba, Luca Bernardi, Giulia Sandri, Antonella Seddone, Marco Valbruzzi.