Meno di un mese. Al voto tedesco mancano ormai poche settimane. È dunque giunto il momento di guardare oltralpe con un po’ più di attenzione di quanto si faccia abitualmente. Dall’esito delle elezioni del 22 settembre scaturiranno infatti non solo la composizione del nuovo Bundestag e la coalizione di governo che guiderà la Germania nei prossimi 4 anni, ma anche molte decisioni di politica estera ed economica che nel breve-medio periodo potrebbero avere importanti ricadute sulla politica europea e, quindi, anche sull’Italia. Al momento tutti i principali istituti demoscopici danno il partito di Angela Merkel, la CDU, in netto vantaggio sulla SPD dello sfidante Peer Steinbrück. Più precisamente, lo scarto attualmente stimato tra la prima e la seconda forza politica del Paese è di circa 15 punti percentuali, con i cristiano-democratici che vengono accreditati sulla soglia del 40% dei consensi e i socialdemocratici che oscillano tra il 23% e il 25%. Anche per quanto riguarda la contesa per il terzo posto i giochi sembrerebbero essere già decisi, con i Verdi, attestati al 13%, che appaiono favoriti rispetto alle altre tre formazioni minori. Stando ai sondaggi, solo i postcomunisti della Linke vengono accreditati stabilmente sopra la soglia di sbarramento del 5%, ma comunque resterebbero al di sotto di un risultato a due cifre. I Liberali della FDP, junior partner della coalizione di governo uscente, corrono invece il rischio di non raggiungerla e di essere fuori dal Parlamento, destino al quale il Partito euroscettico dell’AfD (Alternativa per la Germania) e il Partito dei Pirati sembrerebbero già condannati dai sondaggi che li collocano sotto la soglia del 4%.
D’altra parte anche in Germania, come in Italia, i sondaggi non sono infallibili. Della fallacità degli istituti demoscopici e, più in generale, dell’imprevedibilità della politica la classe dirigente tedesca sembra però avere maggiore consapevolezza della nostra. Soprattutto negli ultimi giorni alcuni autorevoli esponenti della CDU e della SPD hanno invitato l’opinione pubblica a non dare per scontato l’esito delle elezioni e soprattutto la composizione del futuro governo. Il richiamo più importante è venuto direttamente dalla cancelliera Angela Merkel, la quale in una intervista rilasciata alla Frankfurter Allgemeine Zeitung il 17 agosto ha sì ribadito la sua preferenza per un’eventuale riconferma dell’alleanza cristiano-liberale, ma ha anche dichiarato di non poter escludere a priori la possibilità di una Grande Coalizione. «Ho già guidato una Grosse Koalition […] non sarei per nulla credibile se la escludessi come opzione». La risposta della SPD non si è fatta attendere. Neanche ventiquattro ore dopo, sempre la Frankfurter Allgemeine Zeitung riportava in un lungo articolo di prima pagina che lasciava intravedere l’eventualità di una coalizione CDU-SPD una dichiarazione del segretario generale della SPD dell’Assia, Michael Roth: «Non possiamo certo dire ai nostri elettori che se non dovesse andare in porto la coalizione rosso-verde andremo sicuramente all’opposizione. Non è mai bene per un partito limitare le proprie opzioni strategiche».
Sono dichiarazioni importanti che consentono di cogliere alcune linee essenziali del dibattito che si svolge in Germania alla vigilia delle elezioni. I principali contendenti si comportano come degli attori razionali che cercano di massimizzare i consensi, invitando i propri elettori a non disperdere il voto, e si percepiscono reciprocamente non già come dei nemici, ma come degli avversari e, in caso di necessità, come dei potenziali alleati.

Proprio per l’importanza del rinnovo del Bundestag, sul numero 5 del Mulino abbiamo dedicato un blocco di articoli alle elezioni tedesche. Nel frattempo, sul sito stiamo seguendo lo svolgersi della campagna elettorale. Ne abbiamo scritto qui; mentre a questo link è possibile vedere qualche immagine dei manifesti elettorali affissi nelle strade tedesche.