Avvenne così che l’Amazzonia fosse sconvolta da un pugno di europei e di meticci, poche centinaia a metà del Seicento, qualche migliaio un secolo più tardi. Un impero dell’acqua conteso – spagnoli da ovest, portoghesi da est – e sopraffatto da dure genti di guerra, da impietosi cacciatori di schiavi, da abili mercanti, e dalle nuove malattie che portarono con sé.

Pinzón, capitano della Niña di Colombo, fu il primo europeo a navigare le torbide acque dell’estuario dell’Amazzonia. Ma fu dal Perù che presero avvio le esplorazioni – alimentate dal mito dell’oro e dell’Eldorado – nelle sconfinate distese a est delle Ande. Partita da Quito nel 1541, la prima imponente spedizione finì dispersa nella selva. Il solo Orellana, con alcuni compagni, tra mille avventure discese il fiume fino all’Oceano. Vent’anni dopo, la spedizione del gentiluomo Ursúa, presto vittima delle trame del luciferino Aguirre, raggiunse l’Oceano e il Venezuela, in una sequenza di tragici eventi. Nel 1743 allo scienziato La Condamine il fiume apparve spopolato, gli indios fuggiti, decimati dai conflitti e dalle malattie, tratti in schiavitù. L’epopea affascinante e drammatica di una regione più di ogni altra sconvolta dall’intrusione europea.

Massimo Livi Bacci è professore di Demografia nell’Università di Firenze. è socio dell’Accademia dei Lincei e Senatore della Repubblica. Con il Mulino ha pubblicato tra l’altro «Storia minima della popolazione del mondo» (20114), «Avanti giovani, alla riscossa» (2008); «Conquista» (2005) ha ricevuto il Premio Pisa 2006.

 

 

Amazzonia. L'impero dell'acqua 1550-1800, Collana "Biblioteca storica", pp. 320.