Fra realtà e luoghi comuni. La campagna elettorale per le primarie è ormai entrata nel vivo, e gran parte del dibattito si concentra ancora sul tema delle regole, soprattutto per l'ossessione normativa che sembra aver colpito gli organizzatori, intenzionati a complicare piuttosto che a semplificare le procedure di voto.{C} Le regole che disciplinano una consultazione di questo tipo contribuiscono a definire relazioni e confini all’interno di partiti e coalizioni, fra elettori e candidati.Il confronto di questi giorni sulle regole mette in luce una stridente contraddizione fra una gara che si intende aperta e contendibile dal punto di vista dell’elettorato passivo (candidati) e un confronto che sembra volersi circoscrivere e controllare dal punto di vista dell’elettorato attivo (elettori).Tutto ciò, ovviamente, non giova alla partecipazione e rischia di rappresentare un problema qualora le annunciate primarie del centrodestra sollecitassero nell’opinione pubblica un giudizio comparato fra le regole adottate dai due schieramenti, favorendo quelle più inclusive. Gli elettori non portano sulla schiena un marchio di appartenenza. E innescare una competizione alla rovescia sulle regole rischia di imprimere a entrambe le consultazioni un segno in evidente contrasto con la natura stessa delle primarie. In linea di principio, la ratio delle regole dovrebbe essere tale da favorire la massima partecipazione possibile. Senza andare troppo lontani, infatti, è sufficiente un confronto fra le procedure adottate dal centrosinistra in Italia e in Francia, per mettere chiaramente in luce le eccessive e ingiustificate restrizioni che contraddistinguono la regolamentazione adottata per le primarie del 25 novembre.   
Una maggiore attenzione all’esperienza di altri Paesi, sarebbe sufficiente anche per evitare di cadere vittima di infondati luoghi comuni, come quello che identifica nel doppio turno con ballottaggio una modalità complicata e inusuale, quando in una realtà come gli Stati Uniti è il metodo adottato dalla larga prevalenza degli Stati del Sud. Ma tant’è in Italia troppo spesso politici e osservatori parlano delle primarie senza cognizione di causa. O finiscono con l’essere vittima di incomprensibili pregiudizi, come quello di individuare ingiustamente nelle primarie le cause della degenerazione oligarchica dei partiti, quando semmai è proprio vero il contrario.
Altro tema particolarmente dibattuto, ancora una volta in rapporto alle regole, è quello del presunto inquinamento delle primarie. Argomento usato sul piano regolamentare per giustificare una procedura di registrazione restrittiva, così come sul piano politico per rimproverare a Renzi il sostegno di elettori di centrodestra. Esaminando le primarie comunali di Firenze del 2009, vediamo però che soltanto il 13% dei selettori di Renzi aveva votato centrodestra alle politiche del 2008. Senza dimenticare che chi aveva votato Renzi si collocava in prevalenza nel centrosinistra, riconosceva nel Pd un partito di centrosinistra, collocava Renzi più a sinistra del suo stesso partito.
Ma la campagna per le primarie non si esaurisce in una disputa sulle regole. Terreno inedito di una forma di democrazia digitale che già oggi rappresenta un significativo campo di contesa, l'analisi dell'andamento dei like e dei follower dei diversi candidati su Twitter e Facebook mette chiaramente in luce un primato di Renzi (seguito da Vendola), con Bersani che invece fatica ad affermarsi come protagonista attivo della rete. Qui l’elemento generazionale è sicuramente decisivo. E non si tratta di un luogo comune. 
 

“Questioni Primarie” è un osservatorio sulle primarie 2012 del centrosinistra. Un progetto di Candidate & Leader Selection, realizzato anche grazie alla collaborazione con rivistailmulino.it. Ogni settimana, sino al 25 novembre, su queste pagine verrà ripreso uno dei contributi pubblicati nell’ambito del progetto, tutti disponibili, anche in formato pdf, sul sito di Candidate & Leader Selection.