La Turchia processa Pamuk. Lo scrittore turco Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, è di nuovo accusato per le sue affermazioni pubbliche sulla questione armena. Nel corso di un’intervista, rilasciata tre anni fa ad una testata svizzera, aveva dichiarato che la Turchia ha l’obbligo morale di riconoscere il genocidio di un milione e mezzo di armeni, avvenuto nel 1915 per opera dell'esercito ottomano, e di trentamila curdi, iniziato negli anni Ottanta del Novecento. Si tratta di accuse che la retorica nazionalista dominante rifiuta e che costituiscono uno dei tabù oggetto di un più ampio dibattito interno alla società turca circa il passato ottomano e il passaggio all’età repubblicana. Lo scorso maggio, la Corte di Cassazione turca ha emesso una sentenza in base alla quale ha rigettato il giudizio di primo grado che aveva stabilito il non luogo a procedere contro Pamuk. Secondo i giudici della Suprema Corte, infatti, il capo di imputazione contro lo scrittore per «vilipendio dell'identità nazionale turca», è legittimo e il procedimento va riaperto presso una diversa sezione del tribunale di prima istanza che dovrà rivalutare nel merito la questione. Il vero motivo del contendere, tuttavia, è il famigerato articolo 301 del Codice penale turco sulla libertà di espressione che stabilisce, appunto, la suddetta fattispecie giuridica. Il recente emendamento di tale articolo, più volte richiesto dall’Unione Europea, si è rivelato quasi farsesco, in quanto non solo non ha risolto i problemi contenuti già nell’articolo 159 del Codice precedente, ma li ha persino aggravati.
Proprio la questione dell’identità nazionale e, quindi, delle identità minoritarie, specialmente quelle armena e curda, rappresenta una perenne spina nel fianco per la Turchia. Una folta schiera di intellettuali, tra i quali Pamuk è sicuramente il più celebre all’estero, sta cercando di fornire un apporto considerevole alla soluzione di questo tipo di idiosincrasie che attanagliano la società turca ad ogni livello. Ben trecento adesioni di noti intellettuali hanno costituito l’avanguardia di una lista contro la censura, firmata recentemente da oltre ventottomila persone. Tuttavia, gli spiriti critici devono scontrarsi con una serie di vincoli di tipo formale e giuridico, come quelli contenuti nel citato articolo 301 del Codice penale, ma anche negli articoli 216, 3000, 305, 312 ecc. Oltre a Pamuk, altri intellettuali celebri ne sono stati vittime. Tra gli altri, segnaliamo Nedim Gürsel e Elif Şafak, scrittori provenienti dalla diaspora turca, Taner Akçam, storico in esilio, oltre al compianto Hrant Dink, intellettuale armeno di Turchia ucciso da estremisti vicini alla formazione neofascista dei Lupi Grigi. In caso di sentenza di condanna, Pamuk dovrebbe risarcire tutti coloro che lo hanno querelato e che, secondo la sentenza della Cassazione, potrebbero aumentare a dismisura, in quanto ogni cittadino turco che ritiene di essere stato offeso dalle affermazioni del premio Nobel, può ancora sporgere querela.
Ma la questione armena non è un fatto che rimane circoscritto all’interno dei confini statali. Le implicazioni di politica estera, infatti, sono di non poco conto. Infatti, oltre agli armeni di Turchia esse riguardano, quantomeno, la diaspora armena nel mondo e la Repubblica armena. Per citare un esempio, nel corso del suo ultimo viaggio ad Ankara, Barack Obama, che in campagna elettorale aveva promesso di riconoscere come «genocidio» il massacro degli armeni del 1915, ha chiesto a gran voce al presidente della Repubblica Abdüllah Gül di dare un segnale forte riaprendo i confini con l'Armenia. Ma questa riapertura potrebbe compromettere i rapporti della Turchia con l'Azerbaigian, turcofono e islamico, storicamente molto buoni e strategicamente molto importanti. La questione armena del 1915, dunque, coinvolge, in qualche modo, la questione del Nagorno-Karabakh, dove Ankara ha sempre preso le difese di Baku. Una situazione di tensione che nel 1993 aveva portato, appunto, alla chiusura del confine fra Turchia e Armenia. Ultimamente i rapporti fra i due Paesi sono migliorati costantemente, fino alla stipula nell'aprile scorso di una road-map fra le due capitali per normalizzare le relazioni. Ma l'Azerbaigian, allo stesso tempo, preme sulla Turchia perché non si avvicini troppo al nemico. Per tale ragione, Erdoğan ha dovuto rassicurare lo storico alleato, precisando che una riapertura del confine turco-armeno è impossibile senza l`accordo sul Nagorno-Karabakh.