Arabia Saudita: prove di cambiamento. Per gli osservatori del Regno saudita gli ultimi giorni sono stati particolarmente animati. Si è infatti assistito a tre eventi importanti che, tenendo conto di quello che è il lento ritmo fisiologico di cambiamento nel Paese, devono essere considerati di grande interesse.L’ultimo in ordine di tempo, senza dubbio il più inaspettato e clamoroso, è stato l’annuncio da parte del re Abdullah secondo cui le donne potranno votare e candidarsi alle elezioni municipali (unica forma di consultazione elettorale prevista nel Regno) nonché far parte a pieno titolo (e non da semplici consulenti, come è avvenuto fino ad ora) dello Shura Council, l’assemblea consultativa istituita nel 1993 da re Fahd. È significativo che l’inaspettato annuncio sia stato fatto dal re in persona proprio davanti al Council, in occasione dell’apertura dei lavori del nuovo anno. I più attenti al “protocollo” hanno sottolineato che l’annuncio avrebbe potuto essere fatto venerdì scorso in occasione dei festeggiamenti per la festa nazionale; la scelta di farlo in una sede istituzionale parrebbe dunque riflettere il peso che il re e il suo entourage vogliono attribuire al provvedimento. Il sovrano saudita ha esplicitamente dichiarato nel corso del suo intervento che le donne hanno dato un apporto importante alla società sin dagli albori dell’Islam, che la società saudita rigetta la loro marginalizzazione, e infine, con un ulteriore passo volto ad ancorare ancora più a fondo il provvedimento, che la decisione è stata presa previa consultazione e in accordo con eminenti studiosi di scienze islamiche. Per chi si oppone a questa riforma, ora sarà indubbiamente più difficile addurre ragioni “amministrative e di sicurezza”, come accaduto in passato, per procrastinare la messa in pratica del provvedimento.

Il secondo fatto rilevante è la conferenza internazionale a Medina che ha visto la partecipazione dei rappresentanti di 45 Paesi e che ha riguardato l’istituto giuridico islamico del “takfir”, pratica attraverso la quale un musulmano può dichiarare un correligionario infedele per aver compiuto un determinato atto giudicato dall’accusatore un peccato di importanza capitale (non a caso l’apostasia è punita con la pena capitale). Non esistendo un elenco definito delle azioni che possono dare luogo a questa accusa, tale concetto è stato utilizzato come strumento di pressione psicologica da parte di gruppi estremisti che non hanno esitato a definire infedeli tutti coloro che non aderivano a una determinata visione della religione. Il governo saudita, che da anni combatte contro gruppi estremisti indigeni particolarmente violenti, ha preso questa iniziativa proprio per cercare di arginare il fenomeno.

Infine, a coronare il fine settimana (giovedì e venerdì nel regno) hanno avuto luogo il 23 settembre i festeggiamenti per la festa nazionale che, curiosamente, è una festività assai recente in Arabia Saudita, essendo stata istituita come giorno di celebrazioni solo cinque anni fa dall’attuale re Abdullah. Ai festeggiamenti tradizionali per mezzo di spettacoli folcloristici e agli usuali caroselli di auto avvolte nella bandiera saudita hanno fatto da cornice gli altrettanto usuali discorsi da parte delle autorità, le cui parole, contraddistinte da una forte attenzione al sociale, sono state unanimemente considerate dagli osservatori come tutte tese a promuovere armonia, rispetto e moderazione.

Questi tre episodi sono ciò che affiora di un movimento che, poco alla volta, sta tentando di dare una scossa al Paese senza sovvertirne il governo e i principi cardinali. Si tratterà di vedere se, a fronte delle più o meno sanguinose, ma comunque sempre dolorose, rivoluzioni dei Paesi vicini, saprà rivelarsi vincente.