Una maggioranza che non perde occasione per definire la Costituzione una gabbia troppo stretta, da modificare e comunque bypassare in nome di una supposta «Costituzione materiale», che la calpesta quotidianamente quando si tratta di violare i diritti civili e di libertà degli individui (si veda da ultimo la legge sul, o meglio contro, le disposizioni di fine vita, che violano gli articoli 2 e  soprattutto 13 sul diritto inviolabile alla propria integrità). Ma anche di modificare l’architettura istituzionale dello Stato (è il caso della farsa dei ministeri decentrati a Monza). Una maggioranza che sembra ricordarsi della Costituzione solo quando si tratta di interpretarla restrittivamente a danno dei cittadini, in particolare a proposito delle loro scelte relazionali, famigliari e religiose.Non occorre essere costituzionalisti per capire che "rimuovere gli ostacoli" significa anche rimuovere comportamenti che ledano la dignità delle persone e ne vincolino la libertà, per esempio facendole vivere in un clima di insicurezza e paura a motivo del giudizio che altri danno su alcune loro caratteristicheDi solito il cavallo di battaglia di questi difensori della Costituzione a corrente alternata sono l’articolo 29, sul sostegno che lo Stato deve dare alla famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio», e l’articolo 7, sul Concordato con la Chiesa Cattolica. Servono a  motivare il «non possumus» nei confronti del riconoscimento di altre forme famigliari e il primato concesso alla religione cattolica nelle forme di riconoscimento pubblico (dai finanziamenti all’esposizione del crocefisso nei luoghi pubblici), anche a scapito del rispetto per altre religioni o per l’assenza di appartenenza religiosa. Ora, con uno spudorato rovesciamento di significato, la maggioranza, con il fondamentale sostegno dell’Udc, è riuscita nell’impresa di utilizzare l’articolo 3 della Costituzione per bloccare, per la terza volta, un progetto di legge inteso a far considerare un’aggravante la motivazione omofobica in casi di violenza. È bene ricordare che l’articolo 3 recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Non occorre essere costituzionalisti per capire che «rimuovere gli ostacoli» significa anche rimuovere, o almeno ostacolare anche con qualche deterrente, comportamenti che ledano la dignità delle persone e ne vincolino la libertà, per esempio facendole vivere in un clima di insicurezza e paura a motivo del giudizio che altri danno su alcune loro caratteristiche. Non dimentichiamo che nei campi di sterminio nazisti erano accumunati in un destino di morte, anche se catalogati in categorie distinte, ebrei, omosessuali, zingari – ovvero esseri umani definiti diversi e inferiori allo standard stabilito.  Invece i nostri legislatori di maggioranza, con il sostegno, va detto, della Chiesa cattolica, sono riusciti nella non facile impresa di argomentare che se si riconoscesse l’odio omofobico come aggravante gli eterosessuali sarebbero discriminati, perché non vi è un analogo riconoscimento di un – fantomatico – odio per gli eterosessuali come motivazione specifica di violenza contro le persone. Come se non bastasse, Rocco Buttiglione si è sentito di aggiungere che riconoscere l’aggravante di omofobia significherebbe riconoscere l’omosessualità come stile di vita. Quasi che bastasse la minaccia della pena a un aggressore per trasformare un eterosessuale in un omosessuale.

È inutile fingere. Dietro questa terza bocciatura della introduzione nel nostro ordinamento di un formale riconoscimento che l’omofobia, quando di accompagna a violenza,  è un comportamento socialmente condannabile e penalmente rilevante sta un diffuso atteggiamento omofobico in larga parte della nostra classe politica. Il fatto che trovi alimento anche nella gerarchia cattolica non lo rende meno odioso e meno illiberale. Questi difensori a corrente alternata della Costituzione sono gli stessi che negano agli omosessuali il diritto, sancito dall’articolo 2 della Costituzione, a vedersi riconosciuti i loro rapporti d’amore come costitutivi della «formazione sociale in cui si realizza la loro personalità».Dietro questa terza bocciatura della introduzione nel nostro ordinamento di un formale riconoscimento che l’omofobia, quando di accompagna a violenza,  è un comportamento socialmente condannabile e penalmente rilevante sta un diffuso atteggiamento omofobico in larga parte della nostra classe politicaLa strage messa in atto dal criminale norvegese ha esemplificato in modo drammatico il cortocircuito cui può portare, ancora oggi, l’intolleranza contro i diversi. Chi non regge la diversità altrui, chi se ne sente minacciato, alimenta braci di violenza che possono divampare in incendi da un momento all’altro.

L’onorevole Borghezio, purtroppo, non è solo, né isolato. Conviene non dimenticarsene.