Gli studiosi di comportamento elettorale discutono da anni sulla validità di due modelli interpretativi. Uno sostiene che i  partiti traggono i maggiori benefici elettorali quando convergono verso il centro per catturare, con proposte “sfumate”, l’elettore mediano – supponendo implicitamente che intorno al centro si collochi la gran parte dell’elettorato. L’altro modello indica invece nella nettezza della proposta politica, e anche nella sua radicalità, la chiave del successo: gli elettori vedono e comprendono meglio una proposta dai contorni precisi e la apprezzano in quanto tale. Per esemplificare, meglio rossi o neri che grigi.

Se si tengono a mente questi schemi interpretavi diventa più semplice rispondere al refrain che i commentatori moderati all’unisono fanno risuonare in queste ore, e cioè che la vittoria dei candidati di sinistra alle elezioni amministrative è in realtà una vittoria di Pirro perché spinge a sinistra l’asse dell’opposizione e la allontana dalla “virtuosa e proficua” alleanza con il centro.

A questa interpretazione si possono contrapporre una serie di obiezioni. La prima: non si riesce a capire per quale motivo la sinistra debba essere più moderata della destra; quest’ultima ha mietuto successi per anni radicalizzando il conflitto e nessuno dei commentatori moderati ha gridato allo scandalo quando leghisti e berluscones vari insultavano avversari e istituzioni. La seconda: non “rispondere per le rime” a un avversario che attacca a testa bassa porta il segno della debolezza, non della “superiorità morale”. Il centrosinistra, e il Pd in particolare, si è spesso ritirato sdegnoso, come una madamina offesa, dai toni forti con cui la destra conduceva la polemica politica. La terza: in una società divisa in due campi opposti di dimensioni molto simili come quella italiana, l’opposizione (come il governo) ha chances di successo solo se aggrega un fronte ampio; se invece si fanno esclusioni a priori ci si condanna alla sconfitta.Berlusconi non ha avuto mai alcun problema a imbarcare tutte le componenti più estremiste a suo sostegno (a cominciare dal Bossi filo-Milosevic del 1999), e nessuno glielo ha mai rinfacciato. La quarta: non si riesce a capire quali siano i propositi degli alleati i sinistra del Pd così rivoluzionari da “spaventare la borghesia” (ancora?!?!). Forse reinserire legalità, far pagare le tasse a tutti, garantire i diritti ai sottoprivilegiati e aiutare persone e genti in difficoltà spaventano la borghesia? A tutti coloro che incitano il Pd a buttare a mare gli alleati scomodi (senza nascondere che tali sono, come accade del resto in ogni alleanza senza capi carismatici), ricordiamo le parole di un grande vecchio giovane come Piero Bassetti a commento delle elezioni milanesi: per rimuovere tutte le macerie che il berlusconismo ci ha lasciato in eredità  e per ricostruire bisogna allargare la coalizione a tutti coloro che vogliono il cambiamento. Hic sunt leones.