Ogni cinque anni Kassel diventa il centro della riflessione artistica contemporanea: dOCUMENTA pervade la città, che non ospita semplicemente la mostra, ma ne è motore e attore. Nel 1955 le macerie sono ancora il paesaggio quotidiano, e pochi edifici, tra cui il Fridericianum, testimoniano un passato di splendore: viene scelto proprio questo “rudere vuoto” per allestire la prima edizione, nata per riprendere i fili della ricerca artistica, spezzati – come ogni cosa – dal nazismo.
“E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. Se al Lido di Venezia vi fosse Franco Battiato, che è anche regista, sarebbe presto detto lo stigma culturale della 69.ma Mostra internazionale d’arte cinematografica. Il crepuscolo immalinconisce e angoscia buona parte del “primo mondo” – l’America, l’Europa –, non fosse altro che per la perdita del lungo primato postbellico. L’Occidente è in crisi perché stanco e non viceversa.
Massimo ce l’ha fatta. Ha vinto. Dal cocuzzolo dell’acropoli di una città sepolta, i trilli croccanti di Scarlatti e le rondate d’arpeggi di Chopin sprigionano la gioia di un uomo nuovo. È la notte del 21 agosto 2012. Massimo Coccia mi ha invitato al suo ritorno alla musica suonata. Dopo tanti anni trascorsi a organizzare concerti di successo, raggiungendo traguardi di eccellenza tra cui il premio “Nino Carloni”, conferito al miglior organizzatore musicale d’Abruzzo, stasera lui è semplicemente il Maestro Coccia, il pianista.
Una madre, quattro figli. Questi sono i numeri essenziali della Foce. Lei è Benedetta, loro si chiamano Antonio, Katia, Giovanna, Simonetta. Una storia nata come sogno culturale, e anche politico: dare lavoro, educazione, futuro ai contadini della Val d’Orcia.
Lei, Benedetta, è la figlia del marchese Antonio Origo e di Iris, la coraggiosa scrittrice che ha raccontato tanto della Terra di Siena nei suoi appassionati libri, di come si prodigò per assistere i bambini profughi e offrire rifugio agli alleatiprigionieri, in fuga dalla Seconda guerra mondiale.
Il mese scorso, sul "Corriere della Sera", Sergio Rizzo raccoglieva la denuncia pronunciata dalla Corte dei Conti sulla mancata valorizzazione del nostro patrimonio artistico. È inammissibile, denunciava la Corte (e con quella Rizzo), che gli Uffizi espongano solo 1.835 opere, tenendone circa 2.300 nei depositi. Ma anche: