Le violenze che hanno infiammato il centro di Roma il 14 dicembre scorso, lo stesso giorno in cui Silvio Berlusconi è riuscito a salvare il proprio governo, hanno colpito l’opinione pubblica italiana, alimentato sospetti su eventuali provocazioni della polizia e fatto riapparire lo spettro degli anni di piombo. Eventi che devono essere inseriti in un contesto europeo. Ovunque i governi di destra (in Francia, in Gran Bretagna, in Italia o in Germania, nonostante, in quest’ultimo caso, le notevoli performance economiche) e di sinistra (in Grecia, in Spagna e in Portogallo) hanno adottato preoccupanti programmi di rigore e austerità. Per sanare i conti pubblici, si tagliano le spese dello Stato, comprese quelle legate all’educazione e, più in generale, al Welfare. Che si tratti di settori particolarmente cari agli europei, poiché costituiscono due dei pilastri della loro comune identità, è fuori di dubbio. Ma allo stesso tempo è irrilevante. Per gli europei, già fortemente destabilizzati dalla crisi finanziaria del 2008, tali misure restrittive hanno rappresentato un vero e proprio shock. Poiché stanno sobbarcandosi il costo della crisi, in molti è forte la percezione di un profondo sentimento di ingiustizia, soprattutto a fronte degli elevati salari e delle grandi indennità che banchieri e trader continuano a percepire.
Berlusconi ha vinto su tutta la linea: ha ottenuto la fiducia,
ha attratto dalla sua parte cani sciolti e transfughi, ha sconfitto
Fini e ne ha azzoppato il progetto. Una vittoria su tutta la linea
che è sbagliato sminuire o ridurre a “vittoria aritmetica”. Su
questo scontro si giocava non solo la continuità di un governo o la
durata della legislatura, bensì il futuro del sistema partitico
italiano. Una sconfitta del Cavaliere avrebbe rimesso in moto la
politica: avrebbe scongelato il centrodestra ibernato dalla
presenza dominante, e agghiacciante, del presidente del Consiglio.
Ora, fallito il disegno di una implosione del PdL, non ci sono più
argini alla capacità attrattiva di Berlusconi. La vittoria ha un
profumo inebriante anche in politica. Coloro che nel PdL
mugugnavano rientrano nei ranghi allineati e coperti (e un po’
codardi).
I centristi dell’Udc non resisteranno più di tanto alle sirene del
Cavaliere. E per Futuro e Libertà il domani è nerissimo. Il ritorno
all’ovile pidiellino da parte dei suoi parlamentari si preannuncia
massiccio perché Fini non offre più né garanzie né prospettive. Del
resto, la sfida era senza vie d’uscita.
La legge di stabilità sta concludendo il suo iter parlamentare. Nonostante le proteste, per ora sembra essere confermato il drastico taglio, da 400 a 100 milioni di euro, del 5 per mille a favore di volontariato e ricerca. Tremonti, in ogni caso, rassicura: i 400 milioni del 5 per mille verranno reintegrati. Rivendicando orgogliosamente la paternità del 5 per mille, lo stesso ministro ricorda l’intervista al "Corriere della Sera" del 9 novembre 2004, dove presentò l’idea, definita “rivoluzionaria, non tanto perché ibrida nuovo e vecchio, filantropia e sussidiarietà, quanto perché rompe il monopolio della politica, trasferendo quote di potere e responsabilità dallo Stato alla società”.
«Nun me piace ‘o presepe», insiste il Tommasino di Natale in
casa Cupiello. Ha un bel provarci il padre Luca, durante i tre atti
della commedia di Eduardo De Filippo: «Te piace ‘o presepe?... Te
piace ‘o presepe?... Te piace ‘o presepe?». Capatosta, quello non
molla. Che cosa resterebbe del suo amor proprio, se ammettesse
d’aver cambiato idea? È un lusso, cambiare idea. Richiede
autoironia, e una buona dose di fiducia in se stessi. Soprattutto,
richiede intelligenza. Dunque, se non cambia idea, Tommasino è
stupido?
Lasciamo impregiudicata la questione, e da quel di Napoli saliamo
per settecento chilometri verso Nord. Qui ne troviamo un altro, di
Tommasino (senza offesa per Eduardo). Si chiama Cadeo Maurizio, e
ancora per qualche mese è assessore della giunta milanese. Per la
precisione, è assessore al Decoro urbano. Un sostantivo e un
aggettivo impegnativi: decoro e urbano.
La notizia della settimana, anzi del secolo, è la seguente: la sinistra esiste. Per la prima volta dai tempi dei fratelli Gracchi, la settimana scorsa i sondaggi hanno dato la sinistra in vantaggio sulla destra. Il vantaggio non è determinato solo dall’inopinata resurrezione della sinistra-sinistra, documentata dalle regionali in Puglia e dalle primarie di Milano, ma anche dallo smottamento della Destra e dalla crescita del Centro. Inoltre, il vantaggio è provvisorio, e il Pd si sta impegnando come al solito a scialacquarlo: basti pensare ai manifesti nei quali Bersani ha le visioni. Ma, insomma, inutile stare a sottilizzare. Nel mio piccolo, anzi, posso confermare questo trend epocale con un’esperienza vissuta in prima persona: sono stato a una cena di sinistra. Perché una cena sia di sinistra non basta che lo siano gli ospiti e tutti gli invitati: devono esserlo anche la location, i discorsi e persino il menu.