La pesante condanna di Silvio Berlusconi emessa lunedì scorso dal Tribunale di Milano ha fatto il giro dei media italiani e internazionali. Molti commentatori hanno sottolineato l’eccezionalità della situazione di un ex presidente del Consiglio alle prese con la giustizia del proprio Paese. Ma questa valutazione richiede alcune sfumature. Basta attraversare le Alpi per effettuare un parallelismo tra il Cavaliere e Nicolas Sarkozy.
Molte similitudini accomunano questi due leader. La loro
personalizzazione a oltranza, il loro eccezionale dominio sulla
televisione, la messa in scena della loro vita privata, la loro
gestualità fisica, il loro modo di rivolgersi agli elettori, la
loro volontà di sedurre e intimidire i giornalisti, il loro
inesauribile dinamismo, il loro spirito combattivo. Ma anche la
loro strategia di unificare le destre in un’unica coalizione,
raccogliendo forze che vanno dall’estrema destra al centro,
portatrici di valori che sono sovente in contraddizione:
liberalismo e protezionismo, spirito europeista e sensibilità
nazionale, modernità e tradizione. La loro capacità di aggregare
attorno a sé un blocco sociale dalle caratteristiche molto simili,
a dispetto delle differenze tra le due società. Il loro stile di
imporre i propri temi all’agenda politica, o ancora il loro
tentativo di forgiare un’egemonia culturale alternativa a quella, a
brandelli, della sinistra.
Certamente alcune differenze fondamentali li separano, e ciò spiega
forse i loro rapporti reciproci di prossimità e ostilità, di
attrazione e repulsione. Sarkozy è prima di tutto un uomo politico
emerso dalla corrente gaullista, e non un uomo d’affari entrato in
politica, né si trova al centro di un conflitto di interessi. Non
possiede alcun impero mediatico e non è miliardario. Infine la sua
esperienza come statista è incomparabile con quella del suo omologo
italiano.