Gli antirenziani della sinistra Pd dovrebbero anzitutto mettersi d’accordo con se stessi. Perché è difficile far quadrare le loro critiche contro “un Parlamento di nominati” con quelle contro Renzi dittatore, che mortifica il Parlamento impedendogli di discutere a fondo le proposte elaborate dal governo. Se il gruppo parlamentare Pd non è un’espressione della società civile – degli elettori di sinistra, nel caso – autonoma e indipendente dalle “nomine” del partito, per quale motivo, in Parlamento, esso dovrebbe avere la precedenza sulle decisioni di un governo guidato dal leader del partito, e legittimate da una stragrande maggioranza negli organi direttivi del partito stesso? Perché preferire i “nominati” al “nominante”?
Per favore, dicano come stanno realmente le cose: che, nonostante le pseudo primarie, in questo Parlamento i parlamentari erano stati nominati dalla precedente leadership del partito, prima della rivoluzione renziana. Dopo la rivoluzione una buona parte di essi si è accodata al carro del vincitore – per opportunismo o per genuino mutamento di convinzioni, qui non rileva – ma ne è restata una parte consistente che si oppone frontalmente a Renzi e agli orientamenti del suo governo: questa parte contrasta la legislazione che il governo sta cercando di far passare, continuando in Parlamento la battaglia che ha perso nel partito. Una battaglia politica, non una battaglia su sacri principi costituzionali che devono essere da tutti condivisi. Una battaglia non diversa – anche se motivata da idee politiche opposte – da quella che conducono Brunetta o la Meloni o Salvini o Grillo: anch’essi accusano Renzi di tendenze cesaristiche, di essere un dittatore. Proprio come la sinistra del Pd.