San Severino di Centola è un piccolo borgo che domina la Gola del Diavolo, la stretta valle tra il monte Bulgaria e il Monte Fontanelle in cui scorre il fiume Mingardo. Seguendo la strada che costeggia il corso d’acqua, si raggiunge uno dei tratti di costa più noti del Cilento, tra Palinuro e Marina di Camerota.
La mattina di un giorno della settimana di Ferragosto mi trovavo nel bar di San Severino, un paese di meno di cinquecento abitanti, per cercare di sottrarmi per qualche ora al trambusto del litorale e per visitare uno dei più suggestivi borghetti del parco naturale del Cilento. San Severino è infatti un piccolo paese con una lunga storia, che affonda le proprie radici nella nebbia di un lontano passato normanno, e forse longobardo, non privo di un tocco di esotismo per via dell’insediamento in zona di mercenari bulgari al servizio di un principe chiamato Aztek (almeno se si deve prestar fede alle cronache di Paolo Diacono).
Di tutto questo oggi non rimane granché, ma la parte più antica è sicuramente degna di una visita per la presenza di alcuni edifici, e per la singolare circostanza di essere diventato negli ultimi decenni un «paese fantasma». Le frane ricorrenti hanno spinto la popolazione, specie dopo l’apertura di una stazione ferroviaria poco distante, ad abbandonare la cima su cui era arroccato il vecchio borgo, per trasferirsi in abitazioni più recenti – meno belle ma più sicure – costruite a valle.