I risultati delle elezioni del 4 marzo hanno messo in luce alcune specificità della situazione italiana rispetto alle altre democrazie avanzate dell’Europa occidentale. Anzitutto, solo in Italia formazioni politiche che manifestano una critica radicale al sistema politico, all’establishment e all’Unione europea superano insieme il consenso della metà dei votanti.
Tra il ’92 e il ’94 si è consumata l’agonia di quella che uno storico illustre come Pietro Scoppola ha chiamato «la Repubblica dei partiti». In quella Repubblica, secondo opinione comune, i partiti esercitavano un’influenza decisiva sullo Stato.
È la classica missione impossibile quella di fare l’oroscopo alla legislatura apertasi il 23 marzo: non solo perché in politica comunque le variabili sono tante e imprevedibili, ma perché in questo caso neppure il quadro di partenza è decifrabile con chiarezza.
Non si riescono a comprendere sino in fondo tutti gli elementi di sorpresa nel voto alla Lega: era nelle cose che avanzasse e riempisse un vuoto.
La tempesta che ha investito il Pd a livello nazionale non ha trovato un argine neppure nelle «regioni rosse» dell’Italia di mezzo (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche), una volta considerate fortezze inespugnabili della sinistra.