Non è chiaro esattamente che cosa il ministro dell’Istruzione abbia in mente quando dice che anche a scuola bisogna pensare a “prima agli italiani”. Ho il sospetto che sia il solito modo di distrarre dalla mancanza di attenzione per i bisogni della scuola e degli studenti, additando potenziali “colpevoli” nei bambini migranti che sottrarrebbero risorse agli italiani.
Pochi giorni fa è esploso sui social l’ennesimo caso di denuncia di un brano sessista contenuto in un libro di testo delle scuole elementari. Quando ho letto la pagina incriminata la prima sensazione che ho avuto è stata quella di un déjà-vu: ho avuto la netta impressione di averla già vista, non una ma più volte nel corso della mia vita (scolastica e non).
Non si può ridurre il problema dell’insegnamento della storia nella scuola dell’obbligo, così come nelle superiori o all’università, a un problema di pedagogia o didattica e nemmeno a un discorso interno alla disciplina. L’approccio didattico e quello disciplinare sono certamente importanti ma non possono costituire un punto di partenza per un esame della crisi che quest’insegnamento attraversa
La scuola è scomparsa dai radar della politica. Dopo due-tre anni di aspri conflitti intorno alla Buona scuola, il nuovo governo Lega-Cinquestelle l’ha messa in secondo piano. Ha affrontato pochi problemi circoscritti, smontando qua e là alcune cose fatte dal governo precedente, ma non ha messo in cantiere un progetto di riforma, né investimenti significativi.
La morte violenta di una ragazza in un cantiere abbandonato nel cuore di Roma occupa le prime pagine dei giornali da giovedì scorso. Desirée Mariottini aveva sedici anni. Come accade sempre in questi casi, le ore immediatamente successive al rinvenimento del corpo sono state dedicate dai media a indagare sulla famiglia