Il sovrapporsi di più situazioni di crisi economiche e politiche nei primi mesi dell’anno ha sospinto molte imbarcazioni a solcare il Mediterraneo dall’Africa verso l’Europa, e in misura ancora maggiore gruppi di persone ad attraversare il fiume Evros, al confine tra Grecia e Turchia. Già alla fine di febbraio il governo italiano aveva lanciato un allarme per la potenziale emergenza data dall’arrivo di “cinquantamila profughi dal Nordafrica”, chiedendo la collaborazione dell’Unione europea, delle Regioni e degli Enti locali.
Altiero Spinelli non era un ideologo del federalismo ma piuttosto l’ispiratore, l’animatore e l’agitatore di quella rivoluzione che ha segnato la vita dell’Europa dal 1941 in poi con l’abbandono del principio "rex est imperator in regno suo", sostituito da quello tutto nuovo della sovranazionalità.
Non si può avere una politica monetaria senza un minimo di coordinamento della politica economica. Parola di Romano Prodi. In rete l'intervista rilasciata questa mattina a Radio Popolare sulla crisi dell'Europa (e dell'euro), a partire dai casi di Grecia e Irlanda.
Nel corso del tempo, la vita del gruppo del Mulino, e in particolare di questa rivista, è stata animata anche dalla presenza fondamentale di Altiero Spinelli (di cui, tra l’altro, la casa editrice ha pubblicato l’autobiografia). Già questo è indicativo dell’imprinting politico-culturale del Mulino in merito all’Europa. Ci anima una convinzione ferma, radicata nella consapevolezza delle tragedie dei nazionalismi, sulla necessità di andare oltre i confini e i limiti dello stato-nazione, di proiettarci in uno spazio politico più ampio dove domini lo stato di diritto; anzi, dove si manifesti una “potenza civile”.
Nella sua edizione del 10 ottobre, The Economist dedica la copertina e l’editoriale all’Europa (Wake Europe up !) rappresentata da una bella addormentata che potrebbe essere risvegliata da Tony Blair, uno dei candidati più forti per la carica di presidente del Consiglio europeo, anzi – per il settimanale britannico – l’unico in grado di competere contro gli “usual Europygmies” e di premere per le riforme di cui l’Europa ha bisogno.