Un mito vacilla, quello della superiorità del modello industriale tedesco. Quante volte abbiamo sentito vantare la qualità e l’affidabilità dei prodotti tedeschi, soprattutto nel campo dell’automobile! Ancora all’inizio di quest’anno c’era chi auspicava che Fiat-Chrysler si decidesse a vendere il marchio Alfa-Romeo a Volkswagen, che avrebbe saputo valorizzarlo di più.
Fino a qualche mese fa, la Serbia viveva lontana dalla questione rifugiati. Sostanzialmente era un problema percepito come distante, che gravava su altre parti d’Europa: le persone in fuga dalla guerra erano un’immagine vista in tv, identificata con i barconi strapieni che attraversavano il Mediterraneo.
Bulgaria sud-orientale, confine con la Turchia. Due linee di filo spinato si dipanano lungo le alture boscose, correndo parallele verso l’orizzonte. Una è arrugginita e dismessa: eco lontana della cortina di ferro, il suo scopo era impedire – anche a costo della vita – la fuga dal blocco sovietico.
Un milione e mezzo di persone, più dell’intera popolazione di Milano. È questa la dimensione dell’emergenza degli sfollati della guerra in Ucraina. Una crisi che non lambisce le nostre coste, non minaccia i nostri confini ma non per questo richiede meno attenzione da parte dei Paesi occidentali.
Vent’anni fa, a Dayton, i negoziatori americani avevano due obiettivi: mettere fine alla guerra in Bosnia Erzegovina e porre le basi di uno Stato funzionale. Il primo obiettivo è riuscito, il secondo no. Il fallimento della Bosnia di Dayton, in quanto progetto politico, è alla base della costruzione dei muri invisibili che oggi dividono il Paese.