Il movimento dei "gilets jaunes" ha radici molto profonde nella politica francese. È, allo stesso tempo, il terminale dei cambiamenti sociali che hanno avuto luogo dagli anni Cinquanta e il sottoprodotto diretto delle ultime elezioni presidenziali, il risultato del nuovo ambiente politico che è stato creato, ma anche dell’incapacità delle istituzioni della V Repubblica di assorbire, dare un senso e rispondere adeguatamente alle richieste di nuove forme di democrazia e di rappresentanza.
Tra flussi e riflussi, la sinistra europea è giunta al gorgo, un baratro che tutto aspira e nulla rilascia. Ciò che resta della gauche si sta sfaldando per mancanza di idee: lo si nota nella modestia dei suoi obiettivi, quasi tutti legati alla difesa dell’esistente.
Negli ultimi mesi sembra essersi palesato un nuovo antidoto politico ai nazional-populisti europei. Ma è lecito ipotizzare che il vero argine all’ondata euroscettica sia rappresentato dai Verdi?
Forse è ora di iniziare a chiederselo: e se non durasse? E se fossimo nella stessa situazione di Joseph Roth che racconta l’impero austro-ungarico un attimo prima del crollo?
Lontana dai cittadini, lontana dai loro bisogni, fonte di obblighi vessatori e delle restrizioni dei diritti che essi hanno subito, l’Europa va, a dir poco, ridimensionata, lasciando più spazi agli Stati