Allo stato attuale della cultura prevalente e dei rapporti di forza esistenti, molte delle modifiche desiderabili e indispensabili nell’architettura istituzionale e nelle politiche economiche e sociali dell’Unione europea possono apparire poco realistiche.
Nel suo recente saggio After Europe, il politologo Ivan Krastev si interroga sulla possibilità che quella che stiamo attraversando sia una fase di «disintegrazione» simile a quella vissuta dall’impero multietnico degli Asburgo o dall’Unione Sovietica.
È un eufemismo dire che l’Europa sta andando male, molto male: nel suo insieme, l’Unione europea, e nelle sue componenti, gli Stati membri. Non c’è nazione che sia libera da difficoltà che minano le sue fondamenta, perfino là dove tutto sembra andare per il meglio sul fronte economico, come in Germania, in Svezia, in Olanda o in Danimarca.
Il 20 agosto del 2018 una ragazzina svedese di quindici anni si siede davanti al Parlamento di Stoccolma. Stazionerà lì tutti i venerdì, bigiando la scuola. Quell’estate, la scorsa estate, la Svezia viene colpita da una serie mai vista di incendi boschivi. Sino ad allora non si è mai assistito a nulla del genere, tanto che il Paese scopre di non essere attrezzato a sufficienza per contrastare il fuoco
All’alba del voto inglese che nel 2016 ha fatto tremare l’Europa e che continua a tenerla con il fiato sospeso, un ragazzo italiano, una ragazza francese e un ragazzo tedesco reagiscono allo sgomento e al timore sondando il terreno con una pagina Facebook e un sito per capire se, davvero, gli europei hanno smesso di credere nell’Europa unita.