La barca di Pietro in pochi giorni si è riempita oltre ogni misura, tanto che sembra essersi trasformata nell’arca di Noè: dimora e rifugio per traghettare il mare periglioso che stiamo attraversando. Come d’incanto la Chiesa sembra aver scoperto di poter essere anche quel “tutti-accoglie”
Era un’omelia, d’accordo. Non un discorso in senso stretto. Tuttavia, le parole pronunciate per la cerimonia di inaugurazione del pontificato da parte di papa Francesco hanno rappresentato, e non casualmente, una sorta di “programma”, almeno nello stile e nell’approccio. Parole che disegnano una visione.
Ed ecco, finalmente, il nuovo papa: Francesco. Un nome, un programma. E forse sarà così, in ragione delle speranze che si possono leggere negli occhi dei tanti fedeli inquadrati dalle televisioni di tutto il mondo e, del pari, da quanto lasciano intendere le prime scelte fatte dal nuovo pontefice.
Al netto di tutte le illazioni e le ipotesi circa i motivi “veri” delle dimissioni di Benedetto XVI, nei giorni scorsi è apparsa diffusa e largamente condivisa la convinzione che il gesto del pontefice rinvii ai grandi problemi della Chiesa e, al tempo stesso, li attesti come irrisolti.
Nell’epoca dell’ossessione per la trasparenza, dell’eccesso mediatico delle informazioni, della consultazione virtuale, il cerimoniale della Chiesa cattolica riconduce uno dei momenti più alti della sua funzione di governo al segreto più rigoroso della Cappella Sistina.