La sinistra spagnola che si fa del male. Sai che novità, verrebbe da dire. Eppure per la Spagna non era così scontato. Invece, pur essendoci i numeri per un governo progressista, il leader socialista Pedro Sánchez non ha ottenuto la fiducia. Che cos’è successo? E perché?
Le elezioni parlamentari greche del 7 luglio scorso sono state presentate da molti come "un ritorno alla normalità". Si è trattato del primo test elettorale a livello nazionale da quando, nell’agosto scorso, la Grecia ha abbandonato il suo terzo piano di salvataggio Ue/Fmi. Per la prima volta dal 2009, un solo partito ha ottenuto la maggioranza assoluta, mettendo fine alla successione di cinque governi di coalizione (e quattro diverse coalizioni di governo) che il Paese aveva sperimentato a partire dal novembre 2011.
Mancano 220 giorni a martedì 3 febbraio 2020, primo appuntamento delle primarie democratiche che come da tradizione si apriranno con i caucus dell’Iowa per chiudersi il 13-16 luglio 2020 con la convention nazionale di Milwaukee, Wisconsin. Ma la corsa alla nomination è entrata nel vivo già da qualche settimana:
A dispetto di un tasso medio annuo di crescita del 9,5% dal 1979 al 2017 – un fatto epocale nella storia economica –, una più estesa consapevolezza dell’ascesa globale cinese e delle sue implicazioni sembra essersi fatta strada in Occidente solo di recente. La competizione globale col Regno di Mezzo si è definitivamente imposta all’attenzione di classi dirigenti e opinione pubblica in conseguenza delle tensioni politico-economiche tra le due sponde del Pacifico e della sua più significativa propaggine: quella che investe la tecnologia 5G.
Tutti si aspettavano che quella di Barcellona sarebbe stata una battaglia all’ultimo voto tra Barcelona en Comú (BComú), la formazione della sindaca Ada Colau, al governo della città dal 2015, e Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), partito indipendendentista di centrosinistra che presentava come candidato Ernest Maragall, fratello dell’ex sindaco socialista Pasqual. E così è stato.