"Una storia delicata, struggente, nutrita di saggezza, condita di affetto e di umorismo" (Elena Loewenthal). "Un libro tragico, appassionante, delizioso. Sì, anche delizioso (addirittura capace di farci sorridere)" (Angelo Guglielmi). Per un ebreo italiano classe 1933 come Aldo Zargani il periodo che va dal varo delle leggi razziali fasciste nel 1938 al 1945 ha inevitabilmente un carattere duplice: sono gli anni della persecuzione e della paura ma anche gli anni favolosi dell'infanzia, anni fatali e fatati. In questo libro Zargani ripercorre le traversie sue e della sua famiglia in quei "sette anni di guai": la perdita del lavoro del padre violinista, l'esclusione dalle scuole, l'espatrio fallito, la fuga da Torino attraverso il Piemonte, l'arresto dei genitori, il collegio, la deportazione dei parenti; ma se quell'esperienza si incide nella carne del bambino come una ferita immedicabile, la memoria che la rivisita sa tuttavia estrarne anche quella galleria di personaggi e situazioni comiche o grottesche che comunque abita l'infanzia, donde l'impasto impossibile di un "amarcord" ilare e luttuoso, di un "giornalino di Giamburrasca" che racconta una storia di spavento e dolore. Una prova di virtuosismo narrativo, certo, ma anche un modo vitale per liberarsi del peso di quell'esperienza e di trasmetterne la memoria: magari, da nonno a nipote, come una favola un po' divertente e un po' paurosa.

Aldo Zargani dal 1954 al 1994 ha lavorato alla RAI, prima a Torino e poi a Roma. Negli anni Cinquanta e Sessanta è stato attore con il Centro del Teatro Popolare e il Teatro delle Dieci di Torino. Con il Mulino ha pubblicato anche "Certe promesse d'amore" (1997). "Per violino solo" è stato tradotto in tedesco, francese, spagnolo e inglese.

Collana "Storica paperbacks", Bologna, Il Mulino, pp. 244, euro 12.