“Morte per policy”, ovvero a causa della politica, è il titolo della campagna promossa, già dal 1993, da United for Intercultural Action – European Network against nationalism, racism, fascism and in support of migrants and refugees per la riforma immediata delle politiche europee in materia di migrazione e asilo. L’intento della campagna è quello di monitorare il costo umano di tali politiche compilando e tenendo aggiornata la lista delle persone decedute nel tentativo di raggiungere l’Europa o a seguito, e a causa, delle procedure di rimpatrio, delle condizioni di detenzione e/o dell’inadeguatezza del sistema di accoglienza e delle procedure per la richiesta di protezione internazionale. Con lo stesso intento Gabriele Del Grande raccoglie e rende accessibili sul suo preziosissimo blog Fortress Europe, a partire dai dati relativi al 1988, i numeri, le storie e, quando possibile, i volti della strage che continua a consumarsi alle porte dell’Europa.

Partendo da queste esperienze e dai dati finora raccolti, un consorzio di giornalisti coordinati dall’agenzia giornalistica di dati Journalism++ ha promosso il progetto The Migrants’ File che mira a creare un database affidabile sui decessi dei migranti nel quale, per ogni evento fatale, sono forniti: il numero e i dati anagrafici delle vittime, se disponibili, e delle eventuali persone scomparse; le cause della morte (annegamento, suicidio, ustione, attacco di animali, violenza da parte della polizia, disidratazione, asfissia, inedia, ipotermia, congelamento, collasso cardiaco, carenza di cure mediche, congelamento, esaurimento); il luogo dell’incidente e le relative coordinate geografiche; una breve descrizione dell’accaduto; la fonte da cui è stata tratta la notizia e l’indirizzo web al quale tale notizia è consultabile. A differenza di altre iniziative simili, quale ad esempio il Missing Migrants Project promosso dall’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), oltre a offrire dati aggregati questi progetti focalizzano l’attenzione sulle singole persone, sui singoli avvenimenti che li hanno portati alla morte, sul singolo luogo nel quale tali avvenimenti si sono svolti; disaggregano per (e prima di) aggregare; tentano di restituire attenzione e rispetto alle singole persone, alla loro sorte individuale; alla loro vita, onorandone la morte.

Il progetto The Migrants’ File dedica inoltre ampio spazio all’illustrazione della metodologia adottata per la raccolta e la “pulitura” dei dati e affianca, all’analisi dei costi umani, la mappatura dei costi finanziari della politica europea per la sicurezza contro la migrazione e contro i migranti, o meglio contro alcuni migranti. The Money Trails è il titolo di tale ulteriore progetto di ricerca, che ricostruisce i diversi ambiti nei quali, nel nome della sicurezza, vengono impiegate ingenti quantità di risorse pubbliche. Se i fondi europei per i progetti di Research & Development in materia di sicurezza hanno finanziato, dal 2002 al 2013, 39 progetti per la prevenzione e il contrasto alla migrazione, per un totale di 225 milioni di euro, nella stragrande maggioranza dei quali sono coinvolti i colossi dell’industria privata (Airbus, Finmeccanica, Thales, Bae Systems) che sono anche parte del Group of Personalities nominato dalla Commissione europea per orientare proprio le strategie europee in tale settore, ben 11,3 miliardi di euro sono costate, tra spese di detenzione e di trasporto, le deportazioni (i cosiddetti “rimpatri”) effettuate dal 2000 dai 28 Paesi membri più Norvegia, Liechtenstein, Svizzera e Islanda. A queste cifre vanno aggiunte, come illustrato sul sito del progetto, le risorse pubbliche impiegate rispettivamente per la costruzione di centri di detenzione in Libia e Ucraina (45,8 milioni di euro); per l’"assistenza tecnica" ai Paesi terzi (Egitto, Libia, Algeria, Tunisia, Mauritania) perché impediscano la partenza dei migranti (74,6 milioni); per la costruzione di muri ai confini di Spagna, Grecia e Bulgaria (76,6 milioni); per il coordinamento delle attività a livello europeo tramite programmi quali Frontex, Eurodac, Seahorse network e altri (954,7 milioni); e per le più svariate attrezzature tecnologiche (droni, motoscafi, satelliti, occhiali per la vista notturna, jeep) che sono state vendute alle diverse polizie di frontiera dai soliti colossi industriali (225,7 milioni).

Spostandosi sull’altra sponda, The Money Trails stima, a partire dai dati forniti da Frontex e dal progetto Clandestino, che dal 2000 a metà 2015 circa 1,2 milioni di migranti hanno intrapreso un viaggio verso l’Europa via terra o via mare e che svariati altri milioni hanno fatto ingresso via aereo con documenti falsi o sono rimasti sul territorio alla scadenza dei documenti di soggiorno. Complessivamente, sempre secondo The Money Trails, i migranti che hanno fatto ingresso via terra o via mare avrebbero pagato almeno 16 miliardi di euro ai vari trafficanti o “facilitatori” che hanno incontrato lungo il loro cammino, con costi che varierebbero anche in base all’etnia e alla nazionalità dei migranti e che andrebbero dai 700 euro per un viaggio dalla Libia all’Italia nella stiva di una barca, ai 20.000 euro per un viaggio dall’Afghanistan alla Germania.

La politica contro la migrazione produce ricerche, nuove costruzioni e recinzioni, cospicui introiti per alcune importanti imprese private e per floridi e articolati circuiti criminali; si avvale di ristretti gruppi di esperti e stakeholder, di specifici programmi tecnici e di sempre più raffinate strumentazioni di sorveglianza e controllo. Soprattutto, la politica contro la migrazione continua a produrre migliaia di morti, di singole persone morte.